
Almeno per il momento, i 1.762 dipendenti lucani e pugliesi del gruppo Natuzzi possono tirare un sospiro di sollievo, dopo giorni di tensione altissima. L'esito dell'incontro al ministero dello Sviluppo economico tra l'azienda, le Regioni Puglia e Basilicata e i sindacati non è da fuochi d'artificio, ma permette a tutti di guardare al futuro (prossimo) con maggiore tranquillità: l'azienda, infatti, ha accolto l'invito del dicastero e ha sospeso la procedura di mobilità che incombeva sul domani di centinaia di famiglie. La Natuzzi è quindi pronta a riprendere il dialogo, a discutere del piano di riorganizzazione dell'assetto del gruppo in Italia, e quindi, a sedersi al tavolo tecnico che ha visto la luce nel corso dell'incontro di ieri, e che sarà ufficialmente aperto il 15 luglio. Partendo da un presupposto: l'assicurazione che la vicenda è legata alla ristrutturazione dell'attività industriale che vede il suo baricentro in Italia, senza ipotesi di delocalizzazioni «tout court».
Soddisfatti il governatore lucano, Vito De Filippo (Pd) - secondo il quale «l'esito della riunione rappresenta un passaggio che testimonia la volontà di dialogo da parte di tutti» - e i sindacati (che parlano di «un primo passo», ma pur sempre «un buon primo passo»). Un esito «apprezzato dal governo», che attraverso il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha lodato «la decisione della Natuzzi» e «l'atteggiamento dei lavoratori».
A metà luglio, quindi, con l'apertura del tavolo tecnico, comincia il secondo tempo di questa delicata partita: il colosso del mobile imbottito (quotato dal 1993 alla Borsa di New York, e con un fatturato che nel 2012 ha toccato quota 468,8 milioni di euro) ha messo radici nel distretto tra Puglia e Basilicata. E i numeri dell'area, all'inizio dell'avventura meridionale, erano da fiore all'occhiello: circa 14 mila addetti e 520 aziende nei primi anni del 2000.
Cifre importanti - e vendite alle stelle dei divani dall'apprezzato stile italiano - in una zona assetata di lavoro. La crisi, la globalizzazione, le nuove spinte del mercato e soprattutto il crac dell'export (con l'euro forte) hanno però falcidiato operai e imprenditori, portando a cento il numero delle aziende e a seimila quello degli operai. Fino al vortice della cassa integrazione, che per 1.
Ora la Natuzzi punta su un nuovo piano industriale, mentre l'asse istituzioni-sindacati difende i livelli occupazionali.