La Nutella agli svizzeri? Giammai. È levata di scudi contro l'ipotesi che il gruppo Ferrero, come riportato ieri da Repubblica e Handesblatt, abbia ricevuto un'offerta da Nestlè: il rischio che l'ennesimo pezzo pregiato del made in Italy finisca in mani straniere preoccupa al punto che neppure la netta smentita da parte dell'azienda di Alba è sufficiente a far cessare i rumor. La Coldiretti ricorda lo shopping italiano del colosso elvetico: per prime, dal 1988, Buitoni e Perugina, poi, negli anni Novanta, l'escalation con Antica Gelateria del Corso, San Pellegrino e Locatelli, quest'ultima «girata» nel 1998 alla francese Lactalis, oggi proprietaria di Parmalat. Una fetta importante di quel tesoretto - valore oltre dieci miliardi - di marchi storici dell'agroalimentare passati sotto il controllo straniero. «Bisogna scongiurare - raccomanda la Cia, Confederazione italiana agricoltori, - un'ennesima sconfittà per il made in Italy, per tutto il sistema produttivo nazionale. Da Gancia a Parmalat, da Buitoni a Galbani, da Bertolli a Sasso, sono anni che assistiamo allo «scippo» di marchi da parte di compagnie straniere, il più delle volte spagnole e francesi».
Il settore, che vale il 17% del Pil, fattura 250 miliardi e traina l'export nazionale con quasi 34 miliardi di vendite oltreconfine, soffrirebbe per la vendita del colosso di Alba, peraltro esclusa «nel modo più categorico» dal ceo Giovanni Ferrero: «Comunque Ferrero non è in vendita a chicchessia». Anche Banca Imi, chiamata in causa come pronuba delle nozze Ferrero-Nestlè, afferma di «non essere a conoscenza» di un'operazione che coinvolga le due aziende. Mentre per il quotidiano tedesco l'interesse c'è, ma Ferrero è forse un boccone troppo grosso.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.