I mercati di tutto il mondo hanno brindato all'accordo raggiunto in extremis a Washington, che ha scongiurato il «fiscal cliff», il precipizio fiscale in cui altrimenti gli Stati Uniti sarebbero caduti e che ha tenuto in ostaggio le Borse per settimane. Tra le piazze del Vecchio continente, protagoniste di un rally ai massimi da quasi due anni, Milano ha spinto più di tutti sull'acceleratore - Ftse Mib a +3,81%, miglior risultato in Europa - grazie anche al calo dello spread tra Btp e Bund decennali, sceso sotto la soglia dei 287 punti base.
Bene anche le Borse asiatiche: inizio col botto a Wall Street (+1,8% il Dow Jones alle ore 21 italiane), che vede allontanarsi il temuto aumento automatico delle tasse e il correlato maxi taglio alla spesa.
Ma se il peggio è stato evitato, il problema non è risolto. L'intesa raggiunta in extremis tra democratici e repubblicani al Congresso - mettono in guardia gli analisti - lascia, infatti, aperte altre battaglie sul bilancio americano, che si giocheranno nei prossimi mesi. Per il Fondo monetario internazionale l'accordo raggiunto «non è sufficiente» a garantire la salute a lungo termine dei conti pubblici americani: «il più resta ancora da fare», avverte il portavoce Gerry Rice. E l'agenzia Moody's ammonisce: l'accordo sul «fiscal cliff» è certamente un passo avanti, ma, se Washington non adotterà ulteriori misure per ridurre il deficit, anche il prestigioso rating «tripla A» degli Stati Uniti potrebbe risentirne negativamente.
Il compromesso - dovuto in buona parte al lavoro di tessitura del vicepresidente Joe Biden, che ha avuto un ruolo determinante nel raccogliere prima al Senato, poi alla Camera, i voti necessari, convincendo una parte rilevante della destra e limitando i danni a sinistra - affronta solo il nodo delle tasse e include delle misure tampone che ritardano dal primo gennaio al primo marzo i tagli automatici alla spesa per 1.200 miliardi di dollari in dieci anni.
Sullo sfondo c'è anche l'insediamento, oggi, del nuovo Congresso, e l'eventuale conferma o meno nel proprio ruolo dello speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, il quale ha votato a favore dell'accordo sul fiscal cliff: il Grand Old Party, infatti, si è spaccato, con 85 voti favorevoli e ben 151 contrari. Un risultato comunque storico, visto che da vent'anni nessun aumento delle tasse aveva ottenuto l'assenso repubblicano.
La prossima sfida da affrontare sarà l'aumento del tetto del debito, che richiede l'approvazione del Congresso. Il presidente americano Barack Obama ha già detto che non intende negoziare su questo, e messo in guardia dalla «conseguenze catastrofiche» sull'economia globale che un mancato accordo avrebbe.
L'intesa per scongiurare il fiscal cliff «è importante - ha spiegato - ma è solo il primo passo: occorre un approccio bilanciato per ridurre il deficit. Democratici e repubblicani possono lavorare insieme».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.