Economia

È allarme sulle pensioni: cosa può succedere dopo il 31 dicembre

L'incontro tra Draghi e le principali sigle sindacali non parte coi migliori auspici

Scatta l'allarme sulle pensioni: cosa può succedere dopo il 31 dicembre

Il fatto che all'interno del Documento di economia e finanza (Def) non sia stato incluso uno specifico spazio dedicato al tema delle pensioni ha creato fin da subito forti preoccupazioni nelle principali sigle sindacali.

La delicata questione, infatti, viene sfiorata esclusivamente nel tradizionale capitolo relativo agli impatti pluriennali delle spese previdenziali, senza che si faccia, tuttavia, alcun riferimento a più che necessari e non procrastinabili interventi strutturali. L'incontro tra i sindacati e Draghi, in programma per oggi, non parte quindi coi migliori auspici. Questo anche perché il famoso tavolo di confronto sulla riforma delle pensioni promesso dal governo è stato fatto saltare subito dopo i primi scontri in Ucraina e mai più riconvocato. Una scelta che si traduce col rimandare tutto per l'ennesima volta almeno fino alla manovra di autunno.

L'unica parte concretamente dedicata al tema pensioni all'interno del Def, per la precisione nella lista delle riforme da abbinare alla prossima manovra finanziaria, si limita a proporre un disegno di legge di riordino di quelle di invalidità. "Abbiamo fortemente voluto tale misura anche per recepire la sentenza n. 152 della Corte Costituzionale del 23 giugno 2020, la quale ha precisato che un assegno mensile di circa 286 euro è inadeguato", dichiara Erika Stefani, ministro per le disabilità.

Il problema più grave del rimandare ulteriormente la questione pensioni senza prevedere specifici interventi strutturali è che, se non si intervenisse per tempo, a partire da gennaio 2023 saranno in vigore solo le norme previste dalla temuta legge Fornero, derogate in questi quattro anni dal sistema delle "Quote". Si parla ovviamente di "Quota 100" (uscita dal lavoro a 62 anni con 38 di contributi) e "Quota 102" (uscita a 64 anni e 38 di contributi). Con la fine di quest'ultima, prevista per il 31 dicembre 2022, tornerà la legge Fornero, il che significa uscire con la pensione di vecchiaia a 67 anni oppure con 42 anni e 10 mesi di contributi a prescindere dall'età (41 anni e 10 mesi per le donne).

L'ex presidente della Bce Mario Draghi si era detto disponibile a rivedere la legge Fornero, ma senza urtare la sensibilità dell'Unione europea, particolarmente attenta ad esaminare il tema delle spese previdenziali nel nostro Paese.

I sindacati, dal canto loro, chiedono chiarezza per ciò che accadrà nel 2023, così come di adottare un sistema consolidato e stabile che non implichi la necessità di una revisione da effettuare ogni anno.

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