Nuova moratoria per i debiti L’Abi incalza il governo Monti

Il presidente Giuseppe Mussari: "Gli istituti hanno fornito il loro contributo per superare la crisi, ma ora serve più attenzione su Eba e liberalizzazioni"

Nuova moratoria per i debiti L’Abi incalza il governo Monti

A grande richiesta Abi e associazioni delle imprese (tra le quali Confindustria, Rete Imprese Italia e Alleanza delle Coooperative), con l’auspicio del governo, rinnovano questo pomeriggio l’avviso comune per la moratoria dei debiti. Come nella prima versione, ideata dall’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, nell’estate del 2009, è prevista una sospensione delle rate in scadenza, con un contestuale allungamento della durata per fornire un po’ di ossigeno alle aziende con problemi di liquidità.
Il «vecchio» avviso comune, unitamente all’allungamento dei mutui per le famiglie, ha liberato oltre 15 miliardi di liquidità, aiutando 260mila imprese e 55mila famiglie, sostenendo consumi, export e investimenti. Le cifre in gioco con la nuova intesa saranno sicuramente inferiori, ma non per questo meno importanti. Il nuovo accordo, invece, conterrà un accenno alla possibilità di stendere una nuova intesa sia per ricercare forme alternative di liquidità sia per scontare in banca i pagamenti attesi dalla pubblica amministrazione (anche nel caso di pagamento in Bot e Btp).
Il vero cambiamento, in realtà, è negli attori della vicenda. Tre anni fa all’Associazione bancaria italiana vi era stato il passaggio di testimone tra Corrado Faissola e Giuseppe Mussari, Emma Marcegaglia era nel pieno dei suoi poteri e, soprattutto, era il tremontismo a menare le danze. Mentre oggi imperverserà il «tecnicismo» di Corrado Passera e del viceministro del Tesoro, Vittorio Grilli. Ed è proprio il mutato scenario politico a far risaltare ancor di più la figura del leader dei banchieri italiani. Che in una lettera siglata assieme ai colleghi Alessandro Azzi (Credito cooperativo), Carlo Fratta Pasini (Assopopolari), Antonio Patuelli (Acri) e Camillo Venesio (banche private) sintetizza il difficile compito al quale è stato chiamato il sistema finanziario.
Dal 2007 al 2011 gli Stati europei hanno speso 2mila miliardi di euro per salvare le banche, mentre in Italia sono stati gli istituti di credito a «evitare il collasso del debito pubblico», ha ricordato Mussari. Il quale, non tirandosi dietro dinanzi alla nuova richiesta di aiuto, ha evidenziato che ora è necessario muoversi a favore del sistema bancario italiano. In primo luogo, in sede internazionale «affinché le scelte regolamentari tengano conto del nostro modello virtuoso di attività e non ne riducano la capacità di sostenere l’economia», chiaro riferimento alle ricapitalizzazioni richieste dall’Eba e particolarmente penalizzanti per i principali istituti (eccezion fatta per il successo del maxiaumento di Unicredit).
In secondo luogo, le liberalizzazioni «non possono tradursi in imposizione dirigistica di prezzi e tariffe e nella richiesta di erogazione gratuita di servizi» come per i conti gratis destinati ai pensionati. Si tratta di misure che hanno messo a repentaglio la redditività degli istituti, penalizzandone anche la performance borsistica.

E, come ha sottolineato di recente il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, solo banche profittevoli possono erogare più credito.
Dopo la battaglia vinta sul fronte del nuovo contratto dei bancari imponendo sobrietà a dirigenti e manager per favorire nuove assunzioni, Mussari si muove a grandi passi verso la «politica».

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