
La decisione definitiva non è ancora stata presa. Ma al momento il numero uno di Unicredit, Andrea Orcel, è più orientato a gettare la spugna sull'Offerta pubblica di scambio lanciata su Banco Bpm piuttosto che a proseguire. A frenare Piazza Gae Aulenti è il combinato disposto tra la mancata concessione dello Sconto Danese a Piazza Meda sull'operazione Anima (che pesa per 1 miliardo) e le stringenti prescrizioni del Golden Power. Certo è che, prima di rinunciare, Orcel non lascierà nulla di intentato. Essenziale, dunque, sarà il confronto con le autorità competenti per cercare di smussare gli aspetti più discutibili (non certo il problema Russia, sul quale il Golden Power è irremovibile) delle prescrizioni.
Unicredit, quindi, si prenderà tutto il tempo necessario, visto che può legittimamente tirarsi indietro fino al 30 giugno. Quando il quadro sarà finalmente chiaro, allora arriverà il verdetto definitivo (tra l'altro, al momento le adesioni all'Ops stanno andando molto a rilento). Certo è che per Orcel sarebbe un grosso smacco dover rinunciare. Nel mercato italiano, infatti, non esiste altra preda che sia allo stesso tempo aggredibile in termini dimensionali e attraente sul fronte delle fabbriche prodotto di fondi e assicurazioni (che Unicredit non ha). Di colpo, infatti, Piazza Gae Aulenti si ritroverebbe con undici milioni di clienti e una quota di mercato nel credito del 15%, concentrata in particolar modo nelle regioni più ricche del Nord Italia. Non finisce qui, perché Banco Bpm ha in pancia i fondi d'investimento di Anima, le assicurazioni di Bpm Vita, una quota di peso nel credito al consumo di Agos e nella società di pagamenti Numia. Oltre a Banca Aletti e Banca Akros. A fare gola è anche un'altra constatazione: entro il 2027 Bpm punta a realizzare il 50% dei propri ricavi (stimati a circa 5,9 miliardi in totale per quell'anno) attraverso le sue fabbriche prodotto. Non male in un contesto di mercato in cui la politica monetaria sembra orientata a normalizzarsi, con tassi che dovrebbero essere più bassi rispetto ai picchi degli scorsi anni. E, soprattutto, un'occasione irripetibile per una banca ambiziosa che deve trovare un modo per conservare e accrescere le performance sorprendenti degli ultimi anni. C'è, nei mercati core, ovvero Italia e Germania, un target in grado di garantire prospettive analoghe? La risposta è no, ed è ancora più indigesta la possibilità - dopo l'eventuale rinuncia di Unicredit - che porterebbe a un matrimonio tra Bpm e Mps, che potrebbe essere completato da un perimetro destinato a espandersi a Mediobanca e Banca Generali. Ne nascerebbe un gruppo integrato, una piccola Jp Morgan italiana, che guarda caso è proprio il progetto accarezzato da Orcel fin da quando era merchant banker.
Il dubbio è sui margini di trattativa con il Golden Power. In larga parte le prescrizioni - che hanno una durata di 5 anni - sono ispirate a un'idea di Unicredit che probabilmente va precisata negli ambienti di governo. In un'Italia dove l'azionario ha avuto ottime performance e i Btp hanno beneficiato di promozioni delle agenzie di rating e politiche di bilancio prudenti, mantenere l'esposizione di Anima a titoli italiani non è certo una iattura. E se è vero, come fa sapere Unicredit, che il mantenimento della rete di sportelli non è mai stato un problema e c'è una disponibilità ad aumentare il supporto alle imprese (incontrandosi a metà strada sulla richiesta di mantenere il rapporto depositi/impieghi di Bpm), allora l'unico nodo resta l'addio a Mosca. Ostacolo che col passare del tempo può farsi più piccolo (Unicredit sta riducendo le attività).
Intanto, la prossima sarà la settimana delle
trimestrali dei big bancari: martedì si inizia con Intesa Sanpaolo; mercoledì sarà il turno di Bpm e giovedì di Bper, infine Mps. Unicredit ha in calendario un cda domenica 11 e pubblicherà la sua trimestrale il giorno successivo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.