Ormai ci siamo. La lunga marcia di avvicinamento al taglio dei tassi è quasi compiuta. Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha praticamente completato ieri la propria metamorfosi da falco a colomba. «Se sarà necessario, siamo pronti ad agire», ha detto in un discorso a Chicago provocando una risalita dei treasury a 10 anni al 2,12% e l'allungo di Wall Street: +1,8% a un'ora dalla chiusura.
L'alibi per un allentamento monetario (che sarà duplice entro dicembre, secondo i mercati) potrebbe arrivare dalla disputa commerciale tra Usa e Cina, nel caso le tensioni dovessero impattare sulla crescita. A questo proposito, per la verità, l'istituto di Washington non sembra avere le idee chiare, ma la preoccupazione ben risalta dalle parole del successore di Janet Yellen: «Non sappiamo - dice Powell - come o quando questi problemi verranno risolti. Stiamo monitorando da vicino le implicazioni di questi sviluppi per le prospettive economiche degli Stati Uniti e, come sempre, agiremo in modo appropriato per sostenere la crescita». Parole pronunciate nel giorno in cui Pechino ha invitato gli Usa al dialogo: «Potremmo incontrarci a metà strada», il suggerimento del ministero cinese del Commercio.
Con una svolta sorprendente, Powell ha affermato che con l'economia in crescita, il basso livello di disoccupazione e l'inflazione stabile «è il momento di ripensare le strategie a lungo termine». In particolare, va cambiato l'approccio tradizionale che finora ha portato a considerare strumenti non convenzionali il quantitative easing, lo Zirp (i tassi azzerati) e il Nirp (i tassi negativi), con ciò lasciando intendere che la Fed è pronta a utilizzarli alla bisogna. «Sappiamo che strumenti come questi saranno probabilmente necessari in qualche modo» in futuro. Insomma: Powell non esclude affatto che, in caso l'America scivolasse in recessione, i margini di manovra per contrastare la crisi potrebbero essere trovati portando il costo del denaro in territorio negativo. Alcuni studi sostengono che per riportare il Pil sopra la linea di galleggiamento i tassi devono essere sopra al 4%. Un livello distante rispetto all'attuale 2,25%-2,50%. Se il solo agire sulle leve dei tassi non dovesse bastare, l'istituto centrale attiverà un nuovo round di Qe. Anche a costo di gonfiare a dismisura il bilancio. Powell è del resto convinto che «ora disponiamo di un numero significativo di prove relative all'efficacia, ai costi e ai rischi di questi strumenti, compresi quelli utilizzati dal Fomc (il braccio operativo di politica monetaria) e altri utilizzati altrove. I nostri piani devono sfruttare questa crescente comprensione man mano che le valutazioni vengono perfezionate».
Nello stesso discorso, Powell ha consigliato ai mercati di ignorare la stima mediana dei tassi che verrà diffusa il 19 giugno prossimo, perché si tratta di ciò che un membro del Fomc farebbe «se le cose andassero come atteso.
Ma stiamo vivendo in tempi caratterizzati da cambiamenti inattesi, notevoli e frequenti nella struttura sottostante dell'economia. In questo contesto, il messaggio più importante di politica potrebbe essere come la banca centrale risponderà alle cose inattese», ha concluso il numero uno della Fed.
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