La Commissione europea cerca di mettere in riga Ryanair, sollecitandola a rispettare le regole del lavoro in vigore nell'Unione. Da quando, nel dicembre 2017, la compagnia low cost irlandese ha riconosciuto i sindacati e avviato i negoziati per contratti nazionali, qualche passo è stato fatto: l'Italia, in questo senso, è stata la prima a concludere un accordo. Tuttavia la situazione nel continente è ancora a macchia di leopardo e in vari Paesi la tensione è forte.
Ieri in un incontro la responsabile dell'occupazione e degli affari sociali della Commissione, Marianne Thyssen, ha sollecitato l'ad della low cost, Michael O' Leary, a mettersi in regola. Come si ricorderà, finora la compagnia aveva utilizzato contratti di lavoro irlandesi, non riconoscendo i diritti dei lavoratori di altre nazioni. Bruxelles insiste su un punto: «Non è la bandiera di un aereo che determina la legge applicabile, le regole sui contratti di occupazione per gli equipaggi sono chiare: conta il luogo dal quale partono i lavoratori al mattino e in cui tornano la sera senza che l'impresa debba coprire le spese». Definizione chiarissima. Tyssen aggiunge che «rispettare le regole Ue non è qualcosa che i lavoratori devono negoziare nè qualcosa che possa essere fatto in modo diverso a seconda dei Paesi».
Va ricordato che nel 2017 la Corte di Giustizia europea aveva stabilito che la compagnia aerea irlandese non può imporre la legislazione del Paese in cui è registrata ai suoi equipaggi basati in altri Stati membri dell'Ue. Allora la reazione di Ryanair fu spiccia come sempre: «Non crediamo che la decisione dei giudici europei cambierà qualcosa dei nostri contratti d'assunzione irlandese». Ma oggi la posizione di O'Leary appare indebolita, tanto che pochi giorni fa ha ipotizzato di non rimanere alla guida della compagnia.
Da un lato, domani, venerdì, è in programma uno sciopero che colpirà 450mila passeggeri; ieri O'Leary in una conferenza stampa in Belgio ha chiesto di revocare l'astensione dal lavoro. Dall'altro c'è la questione sindacale relativa ai tavoli di trattativa che, dopo molti mesi, non si riescono ad aprire in molti Paesi. Ryanair si dice disposta a negoziare con i sindacati, a condizione che le delegazioni siano formate da dipendenti della compagnia (in Italia il contratto è stato firmato con l'Anpac). In vari Paesi invece il sindacato resta espressione dei dipendenti di altre compagnie, soprattutto ex vettori di bandiera, che rappresenterebbero gli interessi non dei lavoratori ma dei rispettivi datori di lavoro.
O'Leary le cita: «Ci viene chiesto di negoziare con piloti ed equipaggi di Aer Lingus, Norwegian, Tap, Eurowings, Klm» e soprattutto Lufthansa. È come se i negoziati con i sindacati di Volkswagen avvenissero con i lavoratori di Peugeot». Su questo «comportamento anti-concorrenziale» Ryanair ha presentato ricorso all'Antitrust europeo.
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