Economia

Pagare la benzina con il bancomat? È braccio di ferro

Le nuove norme abbattono le commissioni sotto i 100 euro. Ma gli istituti di credito si rifiutano di fornire gratis il servizio.Possibile un decreto per rimodulare le commissioni

Pagare la benzina con il bancomat? È braccio di ferro

Il braccio di ferro tra banche e benzinai sull'uso del bancomat continua. La vicenda è intricata, un botta e risposta che va avanti da settimane e sul quale non è stato ancora possibile apporre la parole fine. La querelle ha inizio nelle ultime settimane del governo Berlusconi quando la Legge di Stabilità, allo scopo di promuovere la diffusione della moneta elettronica, abbatte le commissioni sui pagamenti con carte di credito o bancomat presso i distributori di benzina sotto la soglia dei cento euro. La norma, rimasta ferma a causa delle contingenze politiche, viene poi reintrodotta con un emendamento nel decreto liberalizzazioni e diventa legge.
A quel punto parte la guerra di nervi tra banche e distributori di benzina che non vogliono accollarsi il costo delle commissioni. La prima mossa viene fatta dagli istituti di credito. La Setefi società del Gruppo Intesa Sanpaolo che gestisce i servizi di accettazione in pagamento delle carte negli impianti di distribuzione carburante, spedisce una raccomandata comunicando l'interruzione del servizio e il recesso dal contratto per sopraggiunta maggiore onerosità del servizio. Una posizione sposata anche dagli altri soggetti che gestiscono i terminali bancomat, indisponibili a fornire in maniera quasi gratuita il servizio. «Con gli attuali accordi non solo non riusciamo a remunerare l'attività ma neppure a coprire i costi vivi previsti dai circuiti di pagamento visto che Visa e Mastercard addebitano comunque gli oneri a nostro carico» la posizione espressa dall'amministratore delegato di Setefi, Maurizio Manzotti.
Il tentativo di individuare una possibile mediazione è in corso ma finora la situazione fatica a sbloccarsi e la spada di Damocle pende ancora sui consumatori che rischiano di non poter più procedere al pagamento tramite moneta elettronica del pieno di benzina (attualmente circa il 30-40% dei pagamenti avviene attraverso questo strumento). Ieri, presso il ministero dello Sviluppo Economico, il sottosegretario Claudio De Vincenti ha convocato le parti interessate. Un incontro allargato a cui hanno preso parte i rappresentanti di Unicredit, Visa, Mastercard, American Express, dell'Unione Petrolifera, di Confcommercio, Confesercenti, Cisl, Abi, Cartasì, Setefi, Bnl e Banca Sella. La riunione si è risolta con un nulla di fatto e con una riconvocazione a stretto giro di posta, fissata per il prossimo 22 giugno. De Vincenti ha invitato tutti a ottemperare alle norme. I rappresentanti dei gestori hanno ricordato che il settore della distribuzione dei carburanti movimenta grandi cifre e che gli istituti di credito ricavano comunque introiti importanti dal settore. Le banche hanno risposto di non potersi permettere la fornitura di un servizio a titolo gratuito e hanno ricordato che finora è stata comunque assicurata la continuità e il mantenimento dei Pos nei distributori.
Più in generale le società che si occupano della moneta elettronica puntano ora su un nuovo decreto di cui dovrebbe farsi carico il ministero dell'Economia e che dovrebbe rimodulare il sistema delle commissioni, con il loro ripristino soltanto per i volumi di spesa più alti e l'esenzione per i più bassi. Di certo la trattativa si annuncia lunga e delicata e non sono esclusi scioperi di categoria. A questo punto sulla vicenda anche il Parlamento tiene bene gli occhi aperti. Se Mario Baccini aveva annunciato iniziative a tutela del consumatore in Commissione Bilancio e aveva denunciato il problema all'Antitrust, Stefano Saglia - già sottosegretario allo Sviluppo Economico - segue la vicenda con con attenzione. «Mi sembra una vicenda tutta italiana. C'è una legge dello Stato che ha l'obiettivo di diffondere l'uso del Bancomat e aumentare la sicurezza dei gestori. Non c'è motivo di metterla in discussione.

Mi auguro che questo braccio di ferro non finisca per scaricarsi sulle tasche dei consumatori».

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