Politica economica

Parigi vara la nuova Edf. Atomo pubblico al 100%

Il gruppo lascia la Borsa. Occhi puntati anche sull'Italia per Edison e gli accordi con Ansaldo

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Inizia una nuova fase storica per Edf, il colosso energetico francese nazionalizzato in seguito a una profondissima crisi finanziaria. Dopo una lunga telenovela durata quasi un anno, il titolo del gruppo transalpino ha lasciato la piazza di Parigi dopo 17 anni dalla sua quotazione. Era il 2006 quando la Francia raccolse più di 6 miliardi privatizzando parzialmente Edf (lo stato tenne l'84%) a 32 euro per azione, rendendola una delle maggiori aziende energetiche europee per capitalizzazione di mercato.

Per intenderci, è un po' come se l'Enel nostrana (oggi al 23,6% nelle mani del Tesoro) lasciasse Piazza Affari e fosse completamente statalizzata.

Una rivoluzione che avrà conseguenze su più fronti, in primis su quello dello sviluppo industriale e delle alleanze, che saranno sempre più dettate dalla politica. Inoltre, il ritorno allo Stato del gruppo sarà sicuramente sotto i riflettori degli altri Paesi che spesso sui settori strategici (come è oggi più che mai quello energetico), oscillano tra la necessità di privatizzare e la tentazione di controllare. Insomma, questa operazione voluta fermamente da Emmanuel Macron ha un forte valore simbolico e farà storia.

Anche perché tramite la «nuova Edf» il nucleare torna a prevalere nell'agenda delle autorità pubbliche. In Francia, deve essere avviato un programma di costruzione di sei reattori di tipo «EPR2» (ad acqua pressurizzata) ed Edf in quanto braccio armato dello Stato sarà protagonista di questo «new deal nucleare» dopo un 2022 da dimenticare: la produzione via atomo è scesa ai minimi da 34 anni (12 dei 56 reattori del gruppo sono rimasti fermi per problemi tecnici e di usura).

Non a caso, il governo ha lanciato un'acquisizione per la quota del 16% che non possedeva sborsando circa 10 miliardi di euro pur di assumere il pieno controllo dell'operatore in perdita per 18 miliardi, carico di debiti (64 miliardi), ma con la più grande flotta di centrali nucleari d'Europa. A capo dell'azienda Macron ha scelto Luc Remont, un dirigente di Schneider Electric.

Secondo i piani, Edf dovrà spendere più di 50 miliardi di euro entro il 2030 per prolungare la vita delle centrali nucleari esistenti e costruire sei nuovi reattori di quarta generazione. Ma il passaggio alla piena proprietà statale permette ora al gruppo di offrire garanzie sul debito, e di avere a tassi più bassi per raccogliere ulteriori finanziamenti. Un percorso di sviluppo la cui onda lunga arriva fino all'Italia. A marzo Edf, Ansaldo Nucleare, Ansaldo Energia ed Edison (la controllata italiana di Edf) hanno firmato un accordo per collaborare allo sviluppo del nuovo nucleare in Europa e favorirne la diffusione, in prospettiva anche in Italia.

Su questo fronte, dunque, la solidità di Edf è importante sia per la Francia, sia per l'Italia, e per i suoi piani di sviluppo atomico. Inoltre, Parigi punta sulla startup piemontese Newcleo per la costruzione di un primo reattore (dimostrativo) da 30MWe nel 2030, e per lo sviluppo di un impianto per la produzione di combustibili nucleari innovativi. La scommessa francese di Newcleo vale 3 miliardi e 500 posti di lavoro.

Nei primi mesi di governo l'esecutivo di Giorgia Meloni si era scontrato in almeno due occasioni con la Francia di Macron, ma nel 2023 non a caso è iniziato un riavvicinamento su diversi dossier industriali che passa oggi più che mai anche dalla partita sulla nuova Edf.

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