Tre anni e quattro mesi di carcere sono un conto troppo leggero per Jonella Ligresti, figlia maggiore dell'Ingegnere : a sorpresa, il giudice preliminare Sandra Recchione, del tribunale di Torino, ha bocciato l'accordo che i legali di Jonella e la procura della Repubblica avevano raggiunto per chiudere l'inchiesta per aggiotaggio nell'ambito della vicenda Fonsai. «Per ragioni strettamente familiari e personali», hanno spiegato gli avvocati, la Ligresti si era decisa a scendere a patti con i pm. Accusa e difesa si erano accordate su una pena un po' più alta di quella (due anni e otto mesi) con cui era uscita di scena nel settembre scorso sua sorella Giulia. Ma ieri arriva la doccia fredda: al giudice Recchione non va giù la concessione delle attenuanti generiche e l'assenza di risarcimenti alle vittime. A questo punto a Jonella restano solo due strade: o alzare l'asta del patteggiamento, oppure affrontare un processo lungo e dall'esito non scontato, quasi sicuramente riunito a quello già in corso a carico di suo padre e dei suoi manager.
Tra le incertezze che gravano su questo processo, e che verranno in parte forse chiarite nell'udienza di domani, c'è la richiesta di trasferimento a Milano per competenza territoriale, avanzata dai difensori degli imputati; come pure la richiesta di costituzione di parte civile presentata da Unicredit e Mediobanca. I due temi sono strettamente connessi.
Mentre se invece tutto approdasse alla Procura di Milano, qui gli istituti di credito si troverebbero a fare i conti con un approccio decisamente meno soft verso il loro ruolo nella vicenda.
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