Pensioni, non c'è un euro ma il pressing della Ue mette Padoan alle strette

Il ministro dell'Economia ostenta sicurezza ma il governo è nel mirino Probabile un rimborso parziale, si studia la revisione delle rivalutazioni

Pensioni, non c'è un euro ma il pressing della Ue mette Padoan alle strette

Il ministro dell'Economia lo ripete da giorni. La soluzione alla sentenza della Consulta sarà trovata «dentro i limiti del Def». Tradotto, non c'è un euro nelle casse per accontentare i giudici costituzionali, perché gli impegni europei non si discutono. I soldi della mancata rivalutazione delle pensioni tra il 2012 e il 2013, in qualche modo saranno restituiti, ma la copertura non c'è.

Ieri a Bruxelles Pier Carlo Padoan ha dato ulteriori rassicurazioni alla Commissione europea. La soluzione arriverà in tempi brevi con un decreto che sarà «in armonia con i dettami di tale sentenza e rispetterà i parametri di indebitamento, di deficit strutturale e della regola del debito del Def, contiamo di restare entro quei parametri».

Scontata una restituzione parziale. Ma l'idea che si sta facendo strada è ancora più radicale e ancora meno favorevole per pensionati e pensionandi. Al ministero dell'Economia si sta lavorando a una riforma complessiva della perequazione, cioè dell'automatismo che lega gli assegni all'andamento dell'inflazione. Con un obiettivo preciso: fare cassa oggi, accontentare l'Europa mettendo i conti al riparo da una probabile ripresa dell'inflazione. In sostanza verrebbe rinviato il ritorno alla perequazione piena, cioè ai metodi di recupero dell'inflazione pre governi tecnici. Lo slittamento sarà, come minimo, dal 2016 - anno ufficiale del ritorno alla normalità - al 2018. Ma l'obiettivo è di rendere permamente il calcolo meno generoso.

L'ipotesi più probabile è che si lascino in vigore i limiti introdotti dal governo Letta. Meno severi di quelli di Fornero-Monti, ma comunque pesanti. Recupero pieno dell'inflazione fino a tre volte le pensioni minime, quindi per le pensioni di importo complessivo fino a 1.500 euro, del 90% fino a 2.000, del 75% fino a 2.500, del 50% fino a 3.000 e oltre del 40%. Limiti simili a quelli della normativa precedente alle leggi di stabilità di Monti e Letta, con la differenza che i tagli vengono calcolati sugli importi complessivi e non per fasce di importo come nella perequazione normale.

Gli effetti li ha calcolati giorni fa la Uil. Una pensione che con il recupero ordinario dell'inflazione è di 1.600 euro mensili lordi, rischia di perdere 100 euro. Una di 2.652, calcolati con il vecchio metodo, con il nuovo si ferma a 2.513 euro. Una rendita alta, da 5.280 euro al mese con il recupero pieno dell'inflazione, diventa di 5.013 euro. Sempre lordi. Il conto delle perdite si aggrava con un'inflazione più alta. Altra cattiva notizia per i pensionati, perché è probabile che il costo della vita torni a correre, proprio a partire dal 2016.

Un po' di ossigeno per i conti pubblici. La norma Letta ha permesso un risparmio di 5 miliardi in tre anni, renderla permanente porterebbe alle casse dello stato circa 1,7 miliardi all'anno.

«È bene aspettare il decreto, ma deve essere chiaro che noi siamo contrari», ha spiegato Domenico Proietti della Uil. «È una soluzione che, paradossalmente, va contro la sentenza della Corte costituzionale». Ed effettivamente la Consulta ha bocciato quasi tutti i limiti al recupero dell'inflazione presi dagli anni Novanta a oggi. La soluzione ipotizzata dal governo rende i freni permanenti.

Il premier Matteo Renzi per il momento non dice niente. È noto che avrebbe preferito rinviare una soluzione che sarà per forza impopolare a dopo le elezioni. Impossibile, perché l'esecutivo europeo ha chiesto all'Italia una soluzione veloce. E l'Italia non può dire no, soprattutto perché difficilmente rispetterà gli obiettivi Ue sul debito pubblico.

Ieri il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, dopo una bilaterale con Padoan, ha detto chiaramente che Bruxelles «auspica» un intervento rapido.

E ha detto di avere avuto «la sensazione che le autorità italiane siano pienamente coscienti del problema, che lo vogliano affrontare e che vogliano fare in fretta, come la Commissione auspica». Messaggio spedito a Palazzo Chigi. Via XX settembre lo ha già ricevuto.

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