
Mancava all'appello solo Moody's e la decisione di rimuovere la tripla A agli Stati Uniti sorprende solo in parte. Il declassamento da «Aaa» a «Aa1» era nell'ordine delle cose se si guardano i numeri: oltre 36mila miliardi di debito e una spesa monstre per interessi che corre a marce spedite verso i mille miliardi di dollari già dal prossimo anno (il Congressional Budget Office stima che si spingerà fino a 1.800 miliardi nel 2035). La decisione di Moody's è comunque a suo modo storica in quanto per la prima volta tutte e tre le principali agenzie di rating hanno rimosso il merito di credito massimo alla maggiore economia mondiale. Il declassamento di un gradino è frutto proprio del progressivo aumento del debito pubblico nell'arco dell'ultimo decennio a causa dell'elevato deficit di bilancio e degli interessi sul debito a livelli significativamente più alti rispetto ai Paesi sovrani con rating simile (nel 2024 il 12% delle entrate negli Stati Uniti, contro l'1,6% degli altri emittenti sovrani con rating tripla A). Tuttavia, a fare da contraltare è l'«eccezionale forza creditizia» degli Stati Uniti e il ruolo del dollaro come valuta di riserva mondiale.
«Meravigliarsi del taglio di rating è un po' difficile - taglia corto Angelo Drusiani, advisor di Ersel Banca Privata - in quanto il debito americano non è messo benissimo e Moody's si è adeguata a convinzioni già ben radicate in una grossa fetta di investitori e analisti. Gli Usa devono comunque prendere seriamente il problema debito anche se difficilmente l'attuale Amministrazione cambierà registro».
La reazione dei mercati alla bocciatura degli Usa, arrivata venerdì sera dopo la chiusura di Wall Street, si prospetta abbastanza composta. Gli Etf legati all'S&P 500 hanno segnato post downgrade un calo dell'1% circa, mentre il rendimento del Treasury decennale è risalito a ridosso del 4,5 per cento. Nulla a che vedere rispetto allo scossone del 2011 quando arrivò il primo declassamento in assoluto sugli Usa da parte di S&P, che scatenò un crollo di oltre il 5% di Wall Street. Non si preannunciano quindi grandi reazioni anche perché l'outlook negativo di Moody's, risalente allo scorso autunno, preannunciava già un possibile downgrade nel giro di 12-18 mesi. «Quello da attendersi è un aumento del premio al rischio sul Treasury a lunga scadenza, soprattutto area trentennale dove si scarica tutta l'incertezza fiscale», argomenta Daniele Bivona, portfolio manager di AcomeA Sgr, che vede una possibile sponda al travaso di flussi dai Treasury verso i titoli di Stato europei, a partire dai Bund tedeschi. «In uno scenario di Bce che taglia ancora 3-4 volte i tassi spiega ancora l'esperto - i titoli a lunga scadenza di Germania, Austria e Regno Unito risultano interessanti anche alla luce dei forti fondamentali a supporto».
La stessa Moody's si appresta a esprimersi il prossimo 23 maggio sull'Italia, fresca della promozione arrivata il mese scorso da S&P. Attualmente Moody's assegna al rating sovrano del nostro paese una valutazione di «Baa3» con outlook stabile. Non sono attese sorprese, anche se Roma si presenta all'appuntamento con uno spread Btp-Bund che per la prima volta dal 2021 è tornato in area 100 punti base e conti pubblici in costante miglioramento (deficit sceso a 3,4% a fine 2024). Primo banco di prova post Moody's, la nuova edizione del Btp Italia in collocamento dal 27 maggio. Unimpresa stima che con spread a 100 ci saranno risparmi tra 3,5 e 10 miliardi in termini di spesa per interessi nel biennio 2025-2026.
«Anche se il merito di credito dell'Italia non è il massimo della vita argomenta Drusiani - gli investitori internazionali vedono il debito tricolore sicuro, le richieste di Btp hanno toccato livelli record ed è tangibile il miglioramento del grado di affidabilità del Paese, pertanto non mi sorprenderebbe affatto in futuro ulteriori promozioni per l'Italia e uno spread ancora più ridotto».
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