Petrolio e incognita Fed rimandano giù le Borse

Delude lo Zew tedesco, a Milano (-1,7%) male le banche. L'Arabia primo produttore di greggio

Maddalena Camera

Seduta nervosa e chiusura in ribasso per le Borse europee. Non sono quindi bastate le rassicurazioni sui tassi Usa rilasciate lunedì sera dalla «colomba» della Federal Reserve Lael Brainard, che avevano inizialmente sostenuto i listini. Ad annullare l'effetto Brainard è stato prima il dato relativo all'indice Zew, indicatore che misura la fiducia di investitori tedeschi, risultato stabile a settembre a 0,5 punti, mentre era atteso dagli analisti in rialzo a 2,5, poi la «guerra» del petrolio. Che ieri ha visto l'Arabia Saudita strappare nuovamente agli Stati Uniti il titolo di principale produttore al mondo di greggio.

Non solo l'Agenzia Internazionale dell'Energia ha tagliato nettamente le sue previsioni sulla domanda globale di petrolio per il 2016 (-100mila barili al giorno) e per il prossimo (-200mila barili), viste le oscillazioni registrate su questo fronte in Asia. In particolare, in Cina e India, da sempre considerati dei pilastri a sostegno della crescita della domanda. Un indebolimento delle richieste implica uno scenario poco roseo per le quotazioni del petrolio, che potrebbero continuare a scendere in un mercato caratterizzato da un'eccedenza di offerta. «Dovremo aspettare un po' più a lungo perché i mercati tornino in equilibrio» - ha scritto l'Agenzia, secondo cui, nonostante il crollo dei prezzi, la produzione di petrolio globale è in espansione, sebbene lontana dai ritmi frenetici del 2015.

Il risultato è che il brent scambiava ieri a 47,26 dollari al barile (-2,2%), mentre il Wti a 45,01 dollari al barile (-2,8%). La debolezza del petrolio ha pesato sul settore con Saipem (-4,8%), Tenaris (-2,2%) ed Eni (-3,3%). Tutte le borse europee hanno comunque chiuso in calo: Milano -1,74%, Francoforte - 0,43%, Parigi -1,19%, Londra -0,53%, Madrid lascia sul terreno l'1,53%. Altra giornata nera poi per le banche: Unicredit chiude a -4,17%, seguito da Ubi Banca (-2,65%), Bper (-2,64%), Intesa Sanpaolo (-1,89%) e Mps (-1,04%).

A pesare anche le parole di Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale.

La crescita mondiale è stata «troppo bassa per troppo tempo» al punto che il 2016 rischia di essere «il quinto anno consecutivo con una crescita del Pil globale sotto il 3,7%, la media dei quasi due decenni precedenti la crisi finanziaria del 2008». Il calo del prezzo del petrolio conseguente alla riduzione della domanda globale ha pesato su Wall Street: l'indice Dow Jones ha ceduto l'1,38%.

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