Il costo del petrolio continua la sua picchiata: gli indici di riferimento Brent e Wti (anche oggi) sono ai minimi. La quotazione del barile Usa è sotto i 48 dollari, mentre quella del Vecchio Continente sotto i 46$.
Il crollo del valore dell’oro nero fa le fortune di chi? La Banca Mondiale, in un rapporto datato 13 gennaio, indica i vincitori: Cina, India, Brasile, Turchia, Indonesia e Sud Africa, ovvero i grandi Paesi importatori.
In un più ampio quadro che prende in analisi i margini di crescita dell’economia mondiale e dei paesi in via di sviluppo, si parla approfonditamente della crisi del greggio: “Il deprezzamento del petrolio, trend che dovrebbe persistere per tutto il 2015, abbassa l’inflazione globale ed è probabile che ritardi l’aumento dei tassi d’interesse nei Paesi più ricchi. Questa tendenza offre un’opportunità ai grandi importatori di petrolio come (soprattutto) la Cina e l’India; stimiamo che quest’ultima crescerà del 7% entro il 2016. La finestra che si è aperta è un’occasione d’oro per inaugurare la stagione di riforme fiscali e strutturali, capaci di favorire la crescita e lo sviluppo sul lungo periodo” dice Kaushik Basu, capo economista della World Bank, nonché vice del numero uno Jim Yong Kim.
La relazione etichetta come “inusuale” il sensibile calo del prezzo dell’olio minerale, che – come detto – rappresenta un trampolino di lancio e fonte da cui attingere per quegli Stati in espansione. E, secondo Ayhan Kose, direttore delle Prospettive di Sviluppo della WB, “sia per gli esportatori che per gli importatori il deprezzamento dell’oro nero è una circostanza proficua per aumentare le risorse fiscali”.
Si legge: “Tra i grandi Paesi è medio reddito che ne beneficeranno c’è anzitutto l’India. Poi Brasile, Indonesia, Sud Africa e Turchia, dove si ridurrà l’inflazione e il disavanzo delle partite correnti, punti deboli di queste nazioni”.
A pagarne il prezzo è invece la Russia, che secondo le stime della Banca Mondiale subirà una contrazione della propria economia pari al 2.9% nel corso del 2015. I nostri orizzonti rimangono grigi.
Le difficoltà dell’Eurozona non sembrano destinate a dissolversi in tempi brevi e la stagnazione attuale (compresa quella asiatica) non è certo aiutata dalla crisi ucraina. Tant’è che Franziska Ohnsorge, autore principale del rapporto, parla di “rischi notevoli per l’economia globale”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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