Economia

Più flessibili per diventare più stabili

Comprendere al meglio le criticità post-Covid. In quest’ottica CESI ha elaborato un’analisi di scenario che evidenzia come l'effetto “lockdown” a seguito della pandemia abbia costituito un vero e proprio “balzo nel futuro” del sistema elettrico, facendo emergere fondamentali indicazioni per sviluppare il settore nel prossimo decennio.

Più flessibili per diventare più stabili


«Il lockdown per il Covid-19 e la crisi economica in atto rappresenta il più grande shock per il sistema energetico globale degli ultimi decenni». Nette e senz'appello le parole dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA), che nel recente rapporto "Global Energy Review" ha analizzato i dati dei primi 100 giorni del 2020. «Il crollo della domanda di quasi tutti i principali combustibili è stato sconcertante – ha osservato Fatih Birol, direttore esecutivo dell'IEA – soprattutto per il carbone, il petrolio e il gas. Solo le energie rinnovabili hanno retto». Il primo trimestre del 2020 ha infatti registrato una flessione a livello globale del fabbisogno energetico del 3,8% rispetto allo stesso periodo del 2019. Le fonti energetiche che hanno subito il calo più consistente sono state quelle fossili, ossia il carbone (-8%), il petrolio (-5%) e il gas (-2%). Mentre solo le energie rinnovabili hanno visto aumentare il loro consumo globale (+1,5%).
Attingendo alle proprie risorse di flessibilità e aumentando la quota di energia green, il sistema ha potuto contenere l'onda d'urto di un evento totalmente imprevedibile. Ora però gli esperti dell'intero continente guardano avanti e si pongono domande alla luce di un futuro incerto. A fronte di un'instabilità di scenario, non è forse il momento di beneficiare dell'esperienza vissuta, puntando in maniera ancora più decisa sulle rinnovabili? Di mettere in atto politiche energetiche e investimenti (tecnologici e infrastrutturali) ancora più mirati sui target 2030 di decarbonizzazione, quota FER ed efficienza energetica? Se questa volta – è la vera domanda – il sistema ha retto, come potremo attrezzarci per il futuro, tracciando le coordinate in anticipo e non come conseguenza di possibili emergenze?
Se guardiamo ai livelli di consumo dei primi mesi di lockdown – quando in un giorno feriale di marzo-aprile 2020 la domanda era diventata simile a quella di una domenica precrisi – è facile intuire come questo "ciclone" abbia sensibilmente cambiato le abitudini e le modalità di utilizzo della risorsa elettrica. Le chiusure totali decretate dai governi, con l'Italia in prima fila nel blindare quasi completamente il mondo industriale e quello dei servizi, hanno provocato una brusca diminuzione della domanda di elettricità. Rispetto allo stesso periodo del 2019, Germania, Francia e Spagna hanno registrato una riduzione compresa tra il 7 e il 17%. In Italia il calo dei consumi elettrici è arrivato al 25% rispetto all’anno precedente (il 23% se si guarda alla media degli ultimi cinque anni): un primato a livello europeo. «Domanda che è destinata, a livello globale, a diminuire del 5% entro fine 2020» ci ricorda l'IEA, un dato che fotografa la più grande diminuzione dalla Grande Depressione degli anni Trenta. A registrare i maggiori cali saranno le economie avanzate, con una domanda destinata a scendere del 9% negli Stati Uniti e dell’11% nell’Unione Europea. Con una certezza: ogni mese di blocco mondiale ai livelli osservati all’inizio di aprile riduce la domanda annuale di energia dell’1,5% circa.

Un'anteprima delle conseguenze

Quella vissuta nei primi mesi del 2020 è una crisi completamente nuova rispetto ai parametri finora conosciuti. Insieme all'emergenza sanitaria, il lockdown ha messo in ginocchio interi settori industriali: soltanto in Italia, il Fondo Monetario Internazionale stima un crollo del PIL pari al -9,1 per cento e la Commissione Europea ha rincarato, prevedendo addirittura un -11,2 per cento di caduta del PIL per lo Stivale. Nel mercato europeo dell'energia il prezzo dell'elettricità ha registrato consistenti ribassi, con un trinomio (bassa domanda, alta produzione di rinnovabili, calo del costo dei combustibili) che ha trascinato i listini a quota zero.

È proprio con l'obiettivo di analizzare al meglio le criticità generate dal Covid19 che CESI ha elaborato un'analisi complessa, uno studio che evidenzia come l'effetto “lockdown” a seguito della pandemia abbia costituito un vero e proprio “balzo nel futuro”. «Quella che abbiamo di fronte è una visione anticipata di ciò che, prima del Covid19, era stato indicato come il probabile scenario per l'anno 2026» ha spiegato Matteo Codazzi, amministratore delegato di CESI, nel commentare l'analisi. Supponendo di essere in linea con la tabella di marcia per la decarbonizzazione della produzione elettrica, così come con gli impegni europei e il PNIEC (il Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima, pubblicato in via definitiva a gennaio del 2020 dal Ministero dello Sviluppo Economico), «è come se – ha aggiunto Codazzi – in poche settimane qualcuno avesse spinto il calendario in avanti, tracciando un quadro di riferimento che normalmente avrebbe richiesto un quinquennio di politiche, investimenti e misure operative».

Esaminando l'impatto della pandemia sul sistema energetico, l'analisi di CESI fa emergere fondamentali indicazioni per sviluppare il settore nel prossimo decennio. Spiega ancora l'AD: «Focalizzandosi sull'Europa, e in particolare sull'Italia, la nostra ricerca evidenzia l'unicità della crisi attuale rispetto alle tre criticità principali avvenute dopo la Seconda Guerra mondiale: le due crisi petrolifere (1973 e 1979) e quella finanziaria del 2008. Sebbene esistano elementi comuni con quella attuale (calo del PIL, stagnazione e calo della domanda elettrica), le tre crisi citate sono state frutto di decisioni consapevoli e, per questo, potenzialmente gestibili dai governi». Ora il quadro è diverso: in attesa di vaccini e terapie efficaci, invece che "agire", la politica si trova nelle condizioni di dover "reagire" con misure restrittive. Proprio quelle che hanno determinato effetti così pesanti sulle economie dei Paesi colpiti.

L'analisi elaborata da CESI diventa così un elemento rilevante per capire ciò che potrebbe accadere fra cinque anni in termini di penetrazione delle rinnovabili rispetto al carico: 44% nel 2020, 30% nello stesso periodo del 2019.

Estrapolando sull'intero anno quanto avvenuto nel periodo di lockdown, lo studio presenta un'anteprima al 2026 e anticipa le conseguenze sul sistema elettrico italiano nel caso in cui non venissero implementate le misure di flessibilizzazione, necessarie a gestire un sistema ad alta penetrazione di FER (fonti energetiche rinnovabili). «Negli ultimi mesi – dice Codazzi – per bilanciare il sistema energetico nazionale, e garantirne la stabilità, abbiamo assistito a una drastica riduzione nella capacità di importazione dall'estero. Questo ha significato un crollo delle importazioni e una frammentazione del mercato. Da valori di circa 7-8 GW di Net Transfer Capacity, si è dovuti scendere a numeri inferiori ai 3GW. In base alle simulazioni effettuate da CESI, una maggiore flessibilità del sistema elettrico, già ipotizzata dalla roadmap al 2030, avrebbe evitato una simile riduzione di NTC. Nello specifico, una serie di investimenti per accelerare l'utilizzo di batterie, pompaggi e turbogas – così come per realizzare impianti e infrastrutture di interconnessione – sarebbero un incremento concreto per la flessibilità e la sicurezza del sistema. E al tempo stesso una grande opportunità di ripartenza per l'economia, sia per l'indotto che per i livelli di occupazione».

Green New Deal

A livello globale, l'Agenzia Internazionale per l'Energia ha una visione simile in tema di rilancio sostenibile. Uno dei possibili scenari previsti dall'IEA porta verso un "Green New Deal planetario": di fatto una grande spinta agli investimenti per la sostenibilità, sia pubblici che privati, con l'obiettivo di dare vigore alla ripresa economica. Secondo l'Agenzia, un quadro di profonda transizione energetica verso nuovi modelli – caratterizzati da fonti rinnovabili, generazione distribuita e riduzione dell'intensità energetica – porterebbe non solo ritorni certi degli investimenti, ma segnerebbe passi decisivi nel contrasto ai cambiamenti climatici e alla costruzione di uno scenario di sviluppo sostenibile per le nuove generazioni.

Presentato a metà giugno 2020, lo "Special Report on Sustainable Recovery" dell'IEA – analisi condotta in collaborazione con il Fondo monetario internazionale – contiene un insieme di azioni politiche e investimenti mirati, da effettuare nel triennio 2021-2023, in sei settori chiave: elettricità, trasporti, industria, edifici, combustibili e tecnologie emergenti a basse emissioni di carbonio. Misure in grado di stimolare la crescita economica globale dell'1,1% in media all'anno, di salvaguardare e creare almeno nove milioni di posti di lavoro annuali, riducendo le emissioni annuali globali di gas serra (legate all'energia) per circa 4,5 miliardi di tonnellate entro il 2023.

Fra le azioni da compiere, gli analisti dell'Agenzia Internazionale per l'Energia consigliano di:

  • accelerare lo sviluppo di fonti di elettricità a basse emissioni di carbonio, come l'eolico e il solare, insieme all'espansione e alla modernizzazione delle reti elettriche
  • migliorare l'efficienza delle attrezzature utilizzate nell'industria manifatturiera, alimentare e tessile
  • favorire l'innovazione in settori tecnologici cruciali (idrogeno, batterie, cattura e stoccaggio del carbonio)

Una base di partenza per un futuro più pulito

La crisi attuale può essere interpretata come un'opportunità unica per rendere più sostenibile il settore energetico. Rispetto alla crisi del 2008-2009, i costi delle principali tecnologie energetiche pulite – come l'eolico e il solare fotovoltaico – sono molto più bassi, mentre alcune tecnologie emergenti, come batterie e idrogeno, sono pronte a crescere. A questo va aggiunto il quadro di scenario sulle emissioni globali di CO2: stabili nel 2019, nell'arco del 2020 dovrebbero registrare un calo record in conseguenza dell'impatto economico del lockdown. Una diminuzione che secondo gli analisti dell'IEA può rappresentare una base di partenza per ridurre le emissioni in modo strutturale. «Il nostro rapporto – ha affermato Fatih Birol – dimostra che un futuro energetico più pulito, più equo e più sicuro è alla nostra portata. Il piano di ripresa sostenibile renderebbe il 2019 il picco definitivo delle emissioni globali, avviandoci verso il raggiungimento di obiettivi climatici a lungo termine».

Sempre nel giugno 2020, gli analisti di Goldman Sachs hanno affermato che gli investimenti per le energie rinnovabili rappresenteranno il 25% di tutta la spesa energetica del 2021 e, per la prima volta in assoluto, supereranno la spesa per fonti di combustibile tradizionali come petrolio e gas. Secondo lo studio della banca d'affari americana, le tecnologie pulite avranno un ruolo di primo piano nella futura ripresa economica, con un potenziale di attrazione dai 1.000 ai 2.000 miliardi di dollari per investimenti in infrastrutture “green” e per creare tra i 15 e i 20 milioni di posti di lavoro, a livello globale.

Investimenti e normative

E in Italia? Occorre rivedere gli obiettivi del nostro piano nazionale sull'energia o è il caso invece di trovare strade alternative per raggiungerli? Sulla scia dell'emergenza coronavirus, l'analisi elaborata da CESI identifica alcune fra le possibili strade alternative: una tabella di marcia accelerata per anticipare il processo di flessibilità del sistema elettrico e garantire così la crescente integrazione delle fonti rinnovabili. Se il settore energetico può unire investimenti pubblici e privati per realizzare infrastrutture e nuove centrali elettriche green, ora più che mai è necessario attivare sperimentazioni e monitoraggi combinati sulle tecnologie per la generazione distribuita, lo storage, l'efficienza energetica e la mobilità elettrica. Un percorso per dare slancio allo sviluppo delle cosiddette "Energy communities", sia in ambito residenziale che nei distretti industriali e commerciali.

Per rendere più efficiente l'uso degli asset di generazione e aggregazione della domanda, occorrono investimenti sulla digitalizzazione dell'energia, sugli strumenti di controllo e sul monitoraggio dei dati. Senza dimenticare gli interventi sulla normativa per accompagnare il processo di transizione con procedure di autorizzazione rapide e snelle, con regole nazionali uniformi e semplificate, e con l'adozione di strumenti di supporto semplici e flessibili. Nel decreto-legge Semplificazioni, il governo ha inserito un capitolo sugli interventi green (inseriti nel PNIEC): si parla di corsie preferenziali, procedure semplificate e commissione ad hoc per le valutazioni di impatto ambientale.

Nei prossimi mesi si capirà come tutto questo saprà trasformarsi in un rilancio effettivo di un sistema energetico che, come citavamo all'inizio, ha subito il più grande shock degli ultimi decenni.