Il piano industriale delle Poste è pronto. Questa mattina il documento sarà presentato al cda e poi Francesco Caio, dal 6 maggio ad di Poste italiane, incontrerà per la prima volta i sei sindacati presenti in azienda (i tre confederali, più Ugl e due autonomi). Illustrerà loro le linee dello sviluppo dei prossimi 5 anni. C'è molta attesa e il momento è storico e delicato. Le Poste chiudono il bilancio in utile da 11 esercizi e sono un'azienda grande, statale e sana: sembra un ossimoro. Ci sarà qualche giorno per le limature, quindi entro il mese il documento sarà presentato all'azionista Tesoro. Sarà il canovaccio per la privatizzazione e la quotazione in Borsa, dove verrà venduto il 40% del capitale, con un incasso previsto non inferiore ai 5 miliardi. L'operazione è in calendario per il 2015.
Caio è al lavoro da due mesi, ma l'impressione è che stesse studiando da tempo il settore postale, quasi fosse stato preallertato. Ha viaggiato molto in tutta Italia, visitando uffici e incontrando dirigenti regionali; ha voluto rendersi conto di persona di come procedere. Anche perché, visto che le Poste hanno una contabilità in ordine e non hanno bisogno di un risanamento profondo, dare un segno di discontinuità non è così semplice. La ricetta di Caio, a prima vista, è elementare e di buon senso: elevare la qualità dei servizi postali che oggi pur rappresentando il core business storico sono il vero tallone d'Achille dell'azienda. Con la passata gestione il recapito si era deteriorato, incerto nei tempi e spesso farraginoso, obbligando il destinatario assente a code in uffici lontanissimi per appropriarsi della sua raccomandata o del suo pacco. Tutti gli sforzi negli ultimi anni si sono concentrati nella finanza, che ha macinato utili, ma ha tradito le origini.
Ecco, l'obiettivo di Caio è di riportare certezza e dignità alla consegna di lettere e cartoline, senza venir meno al grande business di risparmi, polizze, carte prepagate. Apparentemente ombroso ma lucido comunicatore, uomo di spiccata mentalità McKinsey, 57 anni, specialista in organizzazione e gran conoscitore delle tecnologie, Caio ha a che fare con un universo da far tremare le vene ai polsi: 22 milioni di operazioni al giorno negli uffici postali, 12 milioni di carte postepay, 250 milioni di raccomandate all'anno; una massa di risparmio raccolto che nell'ultimo bilancio valeva 319 miliardi di euro, quanto il 15% del Pil. Il piano sarà orientato alla qualità, dunque, con prodotti postali offerti separatamente ai consumatori e alle aziende, retail e business. Caio crede nell'e.commerce e continuerà a cavalcare il mondo finanziario che dà utili, credibilità e autorevolezza all'azienda. Tutti si chiedono: ci saranno esuberi su una massa di 146 mila dipendenti? Il primo numero che si è sparso era terroristico: 30mila tagli (in un'azienda che non ha mai licenziato nessuno), poi corretti in 20mila. Infine, si è capito che dovrebbe essere semplicemente bloccato il turn over, risparmiando così qualche migliaio di posti di lavoro all'anno.
E poi c'è la faccenda Alitalia, che passerà oggi dal cda e che deve essere risolta entro venerdì, giorno dell'assemblea della compagnia. Caio, con una certa astuzia, ha scombinato i piani di tutti gli altri soci perché ha detto: ferma restando la quota del 19% nella società attuale (che diventerà la holding), se devo versare altro denaro lo voglio mettere nella nuova, cioè quella nella quale entra Etihad. La questione ha varie angolazioni: la prima è che i soldi nella vecchia, che serviranno a pagare eventuali contenziosi e ulteriori perdite, sono praticamente buttati. Le Poste poi, ultime arrivate (e come salvatrici) in Alitalia, vogliono avere a che fare con il futuro della compagnia, non con il passato: esattamente come Etihad. Guardando la questione dal punto di vista finanziario, stare nella società operativa significherà essere anche più vicini ai futuri utili e dividendi.
Dunque la nuova Alitalia dovrebbe essere così partecipata: 49% Etihad, 46% Cai, 5% Poste. La cosa sta facendo ovviamente schiumare di rabbia banche e vecchi azionisti che si ritrovano con un ulteriore e inaspettato cerino in mano.
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