Piazza Affari scommette su Mediobanca «leggera»

Piazza Affari scommette su Mediobanca «leggera»

La nuova Mediobanca post «salotti buoni» si avvicina. Il piano industriale prevede di smantellare la holding di partecipazioni in favore della banca d'affari entro il 2016, ma a meno di sorprese il residuo legame azionario con Rcs sarà cancellato già entro dicembre e in Piazzetta Cuccia si spera di fare lo stesso con Telecom Italia.
L'ad Alberto Nagel dovrebbe ribadire la strategia domani in occasione della presentazione della semestrale. Anche i conti di metà esercizio (Mediobanca chiude il bilancio a giugno) promettono di essere migliori delle stime: gli analisti hanno calcolato 285 milioni di utile netto a fine dicembre (di cui 115 nel secondo trimestre) a fronte di ricavi per 850 milioni (440) e di un taglio dei costi da 370 milioni. L'«uscita accelerata» dal Corriere, di cui Mediobanca detiene ora l'11% contro il 14% precedente, e la riduzione dello scrigno delle partecipazioni piacciono alla Borsa, perché aiutano a portare a galla il valore del core business: ieri Mediobanca ha chiuso in progresso dell'1,66% a 7,36 euro, riducendo le distanze rispetto agli 8 euro fissati da Intermonte e Citi come target price.
La decisione di Piazzetta Cuccia di cedere le azioni Rcs sul mercato, impatterà sulla guerra in corso tra la Fiat di John Elkann (primo socio con il 20,5%) e il fondatore della Tod's, Diego Della Valle (9%), che pensa a una azione di responsabilità contro l'ad Pietro Scott Jovane. Consob ha peraltro messo sotto osservazione l'acquisto, deciso da Jovane, del 51% di Hotelyo con cui Rcs ha rafforzato l'e-commerce dei viaggi. L'idea è che sia stata una operazione tra parti correlate, visto che a vendere è stata Bravofly Rumbo, che ha tra gli azionisti Anna e Andrea Agnelli, cugini di Elkann. Completa intanto l'uscita dal Corriere il Banco Popolare, che ha esercitato l'opzione put, riconsegnando un altro 0,9% alla famiglia Rotelli per 113 milioni. Tornando a Mediobanca, domani si riunirà il patto di sindacato per accogliere la richiesta del finanziere Vincent Bolloré di salire dal 6 all'8% e stringere sulla revisione della governance. Le regole Bankitalia non sono ancora definitive, ma è attesa la posa della struttura del futuro accordo parasociale, che è destinato a rottamare la tripartizione in «gruppo A» (banche azioniste), «gruppo B» (soci industriali) «gruppo C» (esteri). Dimagrirà poi il board: i posti scenderanno da 23 a 13 (15 al massimo), con la conseguente ridistribuzione dei consiglieri.
È probabile che i manager caleranno da cinque a tre (oltre a Nagel, il presidente Renato Pagliaro e il dg Francesco Saverio Vinci), così come tre scranni potrebbero essere assegnati a Unicredit (cui fa capo l'8,7%) e due a Bolloré (come secondo socio con l'8%). Allo stesso modo potrebbe sparire il comitato esecutivo da cui, stando alla Vigilanza, deve uscire Pagliaro.


Una volta alienate tutte le azioni di Rcs, Mediobanca dovrà ancora vendere il residuo 7,34% di Telco (la holding di Telecom passata nell'orbita della spagnola Telefonica), e tagliare il resto di una ragnatela di partecipazioni che a settembre valeva cinque miliardi: da Pirelli a Italmobiliare, da Gemina a Sintonia ed Edipower. Nelle intenzioni di Nagel, alla fine del 2016 la merchant bank avrà in pancia soltanto il 10% delle «delicatissime» Generali.

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