Se l'Italia riuscirà a uscire dalla crisi post-Covid, il merito sarà tutto delle filiere produttive. È quanto emerge dal XIII Rapporto sui distretti industriali di Intesa Sanpaolo, secondo cui la produzione degli aggregati locali di imprese, dopo il crollo (-12,2%) del 2020 legato alla pandemia, nell'anno in corso rimbalzerà dell'11,8 per cento. «Le imprese dei distretti vanno meglio rispetto alle altre», ha sottolineato il capo economista di Intesa, Gregorio De Felice, specificando che «la percentuale di aziende con investimenti adeguati è oltre il 22% e queste hanno anche una maggior crescita del fatturato». Intesa, però, è meno ottimista rispetto al governo sul recupero complessivo del sistema-Italia con una crescita del Pil stimata al 3,7% nel 2021 e al 3,9% nel 2022, inferiore alle stime del Def.
Il quadro macroeconomico disegnato da De Felice mette in risalto il ruolo cruciale dei 221,5 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e soprattutto del loro impiego efficace. Riferendosi al +3% di Pil indotto dal Pnrr rispetto allo scenario base proposto il Ceo e consigliere delegato di Intesa, Carlo Messina, ha precisato che «se le stime fatte dal governo comprendono solo l'impatto della parte pubblica, credo che con la parte privata si può creare un indotto molto significativo che può rafforzare questa crescita». Ecco perché Ca' de Sass, oltre alla spinta dei fondi del Recovery Plan, intende mettere a disposizione oltre 400 miliardi di erogazioni a medio-lungo termine. Oltre ai 270 di crediti alle imprese annunciati dall'ad (120 miliardi a quelle con fatturato fino a 350 milioni, 150 a quelle con fatturato superiore a 350 milioni), Intesa erogherà oltre 140 miliardi a privati. Il Pnrr è «un punto discriminante per muovere il Paese da una condizione di crescita modesta a una di crescita accelerata e consentire di stabilizzare il rapporto fra il debito e il Pil a livelli di assoluta sostenibilità», ha aggiunto Messina.
Il Ceo ha, infine, espresso il proprio punto di vista su alcune situazioni di crisi industriale. Aspi «dev'essere tenuta il più possibile all'interno del nostro Paese», ha affermato rimarcando che «se devo dirvi se devo immaginare Aspi nelle mani di uno spagnolo o di Cdp, non ho dubbi».
In merito alla crisi dell'ex Ilva ha ricordato che Intesa l'ha supportata per molti anni «perché è legata in maniera inscindibile» a una quota importante di Pil ma al tempo stesso «se non ci sono condizioni prospettiche per garantire una generazione di cash flow, è difficile un coinvolgimento futuro della banca». Stesso discorso per Alitalia. «Se non c'è cash flow, non c'è giustificazione per i finanziamenti», ha concluso.
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