Economia

Popolare di Bari, quella retromarcia della Vigilanza per salvare Tercas

Gli esiti dell'ispezione letti da Carmelo Barbagallo e la revoca del divieto di acquisizioni bancarie: ecco tutti i passaggi

Popolare di Bari, quella retromarcia della Vigilanza per salvare Tercas

Nel governo continua a tenere banco la questione relativa alle responsabilità tra vigilanza e amministratori per quanto riguarda il caso della banca popolare di Bari. Sotto la lente di ingrandimento è finito il via libera della Banca d'Italia per l'acquisizione della banca abruzzese Tercas che ha provocato effetti evidenti alla BPB: tra il 2015 e il 2016 i crediti deteriorati passarono da circa 700 milioni di euro a 1 miliardo e 400 milioni; si raddoppiarono inoltre le sofferenze, passate da 250 milioni a poco meno di 500. Ci si domanda quale sia stata la motivazione per la quale venne rimosso il provvedimento di blocco ad altre acquisizioni bancarie adottato dalla Banca d'Italia verso la Popolare nel 2010.

Come riportato dall'edizione odierna de La Repubblica, le risposte si troverebbero nelle mosse di Carmelo Barbagallo, che può vantare di aver ricoperto ruoli di prestigio come alto dirigente di Bankitalia, direttore centrale per la Vigilanza bancaria e finanziaria, capo del dipartimento vigilanza bancaria e ora presidente dell'Aif, l'Autorità di informazione finanziaria antiriciclaggio del Vaticano.

Le tappe

Tutti i vari step verificatisi tra il 2013 e il 2014 sono stati riassunti in una nota ufficiale di Bankitalia: "Nel 2013 la Popolare viene nuovamente sottoposta ad accertamenti mirati sul rischio di credito, sulla governance aziendale, sul sistema dei controlli interni e sulle tematiche di compilance". Le verifiche in questione mettono in luce "progressi rispetto a quanto riscontrato durante l'ispezione del 2010". Inoltre viene evidenziato il "permanere di alcune aree di debolezza, per il cui superamento la banca programma un piano di iniziative di rimedio". Successivamente la Vigilanza richiede alla funzione di Internal Audit e al Collegio sindacale "una specifica verifica sull'efficacia di questo piano". A galla vengono una "sostanziale idoneità delle misure adottate" e il "rispetto della tempistica programmata".

Considerando gli interventi posti in essere e le relazioni fornite, nel giugno del 2014 "vengono rimossi i suddetti provvedimenti restrittivi". Dunque nel luglio del medesimo anno la Banca d'Italia "autorizza la banca popolare di Bari ad acquisire il controllo di Banca Tercas". Con l'intento principale di garantirne la sostenibilità, l'intervento viene accompagnato "da un contributo di €330 milioni alla banca popolare di Bari da parte del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi". Il coinvolgimento della BPB nell'operazione di acquisizione di Tercas si profila come "un intervento di 'salvataggio'" con l'obiettivo di salvaguardare "l'interesse dei depositanti" e di rilanciare "commercialmente il gruppo abruzzese".

Il dietrofront

Tuttavia, i documenti della popolare di Bari in possesso de La Repubblica, testimoniano l'avvenimento di due episodi insoliti: nello specifico si tratta di un verbale del consiglio di amministrazione della banca barese del 23 ottobre 2013. Quel giorno alla BPB non sono ancora noti gli esiti dell'ispezione, ma alle 11.00 del mattino "il presidente (Marco Jacobini, ndr) accoglie in sala consiliare il dott. Carmelo Barbagallo [...] perché proceda alla lettura del rapporto ispettivo". Il quotidiano fa notare che "non è esattamente consuetudine che il direttore della Vigilanza di Bankitalia dia lettura di un rapporto ispettivo del cda della banca ispezionata". Tenendo in considerazione soprattutto il fatto che il suo ruolo in quel momento è quello di informare che i risultati sono stati "parzialmente sfavorevoli" per le medesime ragioni che portarono al blocco del 2010 ad attività di acquisizione da parte della Popolare.

Ma è proprio ciò che sarebbe accaduto quel 23 ottobre, quando si sarebbe verificata una singolare coincidenza: mediante una lettera inviata alla Tercas, la banca popolare di Bari avrebbe manifestato la volontà di partecipare al salvataggio dell'istituto abruzzese "per un importo complessivo non inferiore a 280 milioni di euro". E anche di erogare "un mutuo di 480 milioni che consenta allo stesso istituto di estinguere il finanziamento" concesso dalla Banca d'Italia a titolo di liquidità di emergenza.

Le mosse per acquisire Tercas avvengono dunque sotto gli occhi della Banca d'Italia, nonostante vige il blocco del 2010 che impedisce di farlo.

Il 10 giugno del 2014 arriva la rimozione del divieto al termine di due passaggi "suggestivi": l'erogazione del mutuo di 480 milioni a Tercas e le controdeduzioni alle osservazioni "parzialmente sfavorevoli dell'ispezione".

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