Economia

Poste in Borsa a novembre Sul mercato andrà il 40%

Depositato il prospetto in Consob, il collocamento è atteso a metà ottobre. Limite di possesso al 5%, il Tesoro punta a incassare 4 miliardi

Le Poste arrivano in Borsa. Questa volta la via della quotazione è imboccata formalmente: ieri sono state presentate alla Consob e alla Borsa italiana, rispettivamente, la domanda di approvazione del prospetto informativo e quella di ammissione delle azioni a Piazza Affari. Sarà l'epilogo di una gestazione molto lunga: l'ex ad dell'azienda interamente posseduta dal Tesoro, Massimo Sarmi, aveva a suo tempo giudicato Poste «quotabile entro il 2006», spostando poi la previsione al 2008. L'attuale amministratore delegato, Francesco Caio, aveva promesso l'Ipo entro il 2014. Oggi ci siamo.

La Consob ha a disposizione al massimo 60 giorni di calendario per dare il suo benestare, poi potrà partire il road show sui mercati internazionali, che impegnerà, presumibilmente, un paio di settimane. Il collocamento potrà avvenire in autunno, tra metà ottobre e metà novembre, durerà 15 giorni ma potrebbe essere chiuso anticipatamente, secondo l'interesse che il pubblico riserverà alle azioni.

Sul mercato andrà il 40% di «Poste Italiane SpA - società con socio unico», che ha un capitale di 1.306.110.000 euro, diviso in azioni da un euro. Dalla quota al servizio dell'offerta il Tesoro si aspetta di incassare circa 4 miliardi: la metà (corrispondenti al 20% del capitale) da investitori istituzionali e l'altra metà dal pubblico retail, compresi dipendenti e clienti. Nessun azionista potrà avere più del 5%. Va osservato che i clienti del Banco Posta sono 32 milioni. Il gruppo, il cui perimetro rispetto a oggi resta intatto e che comprende sia le attività postali tradizionali sia quelle finanziarie, verrebbe così valutato 10 miliardi; il titolo sarà quotato nel Ftse Mib, il paniere del quale fanno parte le società a maggiore capitalizzazione.

L'operazione è attesa con interesse da investitori e operatori. C'è ancora memoria della quotazione, nel 2013, della Royal mail, la posta inglese, che fu un successo, con il prezzo dell'azione che il primo giorno strappò del 30% (e sul mercato andarono solo le attività postali); oggi Royal mail vale circa 6 miliardi. Il perimetro postale-finanziario delle Poste italiane non è frequente sui mercati (in Germania è quotata solo la parte bancaria, che vale 8 miliardi); solo precedente comprensivo di tutti i settori risulta essere quello delle Poste giapponesi.

Le criticità che possono interessare l'Ipo sono due, entrambe comunque esterne all'operazione. La prima riguarda il peso già rilevante sul listino italiano dei titoli finanziari, che con le Poste accentuerà questo sbilanciamento (quello che i tecnici chiamano « oversupply di carta»). La seconda riguarda il contesto di mercato.

Oggi la Borsa accoglierebbe a braccia aperte un nuovo titolo di questo livello, ma bisogna vedere se in autunno le turbolenze mondiali - un rialzo dei tassi negli Usa, la recessione in Cina, l'andamento del prezzo del petrolio, la crisi dei Paesi emergenti - renderanno ancora così favorevole l'accoglienza del listino.

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