Poste Italiane guarda ambiziosamente a Piazza Affari. Nel 2014 i ricavi consolidati sono aumentati dell'8,5% a 28,5 miliardi grazie anche alla spinta dell'ad Francesco Caio che ha disegnato un piano industriale focalizzato su logistica, pagamenti digitali, risparmio gestito e assicurazioni. Un business plan, che ha ottenuto consensi dal mercato, ma che rischia di essere vanificato da alcune scelte contraddittorie da parte dell'azionista ministero del Tesoro e del governo. «Siamo rimasti monopolisti solo delle perdite»: lo stesso Caio, qualche giorno in un'audizione alla Camera non ha peraltro nascosto il proprio disappunto per una previsione del ddl Concorrenza che impatterà non poco sui conti del gruppo. A partire dal 2016 la nuova norma prevede che l'operatore perda la propria riserva (cioè il monopolio) sulla notifica degli atti amministrativi e delle multe. Nel bilancio 2014 questa voce ha pesato per circa 184 milioni di euro di ricavi.
Il business plan 2015-2019, funzionale allo sbarco a Piazza Affari, prevede una sostanziale stabilità dei ricavi a quota 30 miliardi ma soprattutto un Ebit margin in costante territorio positivo, contenendo e azzerando le perdite del servizio tradizionale di consegna della corrispondenza. Il governo di Matteo Renzi rischia di mettere in discussione il percorso. Di qui la richiesta di Caio di posticipare di almeno un biennio l'apertura di questo mercato. Tanto più che Poste dovrà continuare a fornire il servizio universale con un insufficiente contributo statale, che la legge di Stabilità ha ridotto a 260 milioni annui (dai 750 milioni del 2000).
Il focus di Caio su logistica, pagamenti digitali e gestione del risparmio potrebbe essere vanificato. Un'altra incertezza riguarda il prossimo pronunciamento dell'Agcom sulle proposte formulate da Poste Italiane per la nuova convenzione, basate sulla consegna della posta a giorni alterni proprio per rendere «sostenibile» un business con marginalità negativa (il rosso operativo è stato di 500 milioni nel 2014). Difficile completare l'iter della quotazione entro l'anno se non si farà chiarezza su questi temi: o si arricchirà la dotazione pubblica per garantire l'universalità del servizio oppure si rischia di dover accettare una valutazione meno generosa del previsto i sede di Ipo. A tutto danno del Tesoro, e quindi in ultima analisi di tutti gli italiani. Un autogol da evitare.
Una questione di non secondaria importanza è costituita dalla credibilità degli attori. Se da un lato Poste sta rispettando la tabella di marcia dell'Ipo tra stesura del piano industriale, revisione della governance e stretto controllo dei costi con la razionalizzazione dei processi, altrettanto non può dirsi per ciò che accade tra Palazzo Chigi e Via XX Settembre. L'avvicendamento dei vertici di Cdp, deciso manu militari da Renzi, potrebbe infatti creare dubbi nel parterre degli investitori istituzionali in sede di collocamento.
Non vi è nessuna garanzia, infatti, che il governo rispetti la mission delle controllate statali se è possibile che, all'uopo, possano essere trasformate in «bracci armati» della politica economica pubblica, come sta accadendo proprio per la Cassa Depositi e Prestiti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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