Prius a rischio incendio. Toyota richiama un milione di auto

Suzuki esce dal mercato cinese. Fca investe 30 milioni nella guida autonoma in Usa

Prius a rischio incendio. Toyota richiama un milione di auto

Fa notizia il maxi-richiamo, da parte del colosso giapponese Toyota, di oltre un milione di automobili ibride, principalmente Prius, a causa di un problema tecnico che «in un caso estremo» può causare un incendio. A essere interessate sono le vetture fabbricate tra il giugno 2015 e il maggio scorso, i cui proprietari sono stati invitati a rivolgersi alle officine della Casa giapponese per la riparazione. Nel dettaglio: 554mila modelli in Giappone, 217mila in Nord America e 219mila in Europa.

Prius, la prima berlina full hybrid (doppia motorizzazione: termica ed elettrica) a essere introdotta sul mercato nel 1997, ha via via generato una tendenza che ha contagiato gli altri costruttori. E in questo momento, la motorizzazione ibrida, complice la guerra al diesel con la conseguente caduta d'immagine di questa alimentazione, rappresenta la più importante tecnologia di transizione verso un auspicato futuro a emissioni zero. «Il problema all'origine del maxi-richiamo - afferma Toyota in una nota - è dovuto all'assemblaggio dei modelli in alcuni impianti del Giappone».

Non è la prima volta che il colosso, al cui vertice siede il presidente Akio Toyoda, è costretto ad annunciare un richiamo così importante. È successo nel 2016 (ben 2,87 milioni di vetture) per problemi al serbatoio. Altri 1,43 milioni di veicoli erano stati oggetto di interventi agli Airbag, i cuscini gonfiabili salvavita.

Toyota si è sempre distinta per la qualità dei suoi modelli e il modo con il quale vengono prodotti, il cosiddetto World class manufactoring (Wcm) che negli anni Ottanta e Novanta si è gradualmente affermato a livello mondiale, per essere quindi adottato dai concorrenti.

Da Toyota a Suzuki (le due società, tra l'altro, hanno siglato lo scorso anno una lettera d'intenti per la realizzazione di progetti congiunti). E proprio Suzuki, procedendo in piena controtendenza con il resto del mercato, ha deciso di uscire dallo scenario cinese, il più importante nel mondo, chiudendo la joint venture con il gruppo Changan che continuerà, comunque, a vendere, su licenza, vetture della Casa giapponese. Il pubblico cinese è infatti sempre più concentrato sui grossi Suv rispetto ai minivan e alle piccole auto prodotte da Suzuki.

Fca, intanto, in attesa di far conoscere i suoi piani di produzione per l'Italia, ha concluso un altro investimento negli Usa: oltre 30 milioni di dollari per una nuova struttura dedicata ai test dei veicoli a guida autonoma, la cui attività prenderà il via in questi giorni.

Il progetto riguarda la Chelsea Proving Grounds, area prove nel Michigan, attiva dal 1954, dotata di un tracciato percorribile a velocità autostradale, di una zona per la valutazione dei dispositivi di sicurezza e di un centro di comando ad alta tecnologia.

«Questa struttura - ha spiegato l'ad di Fiat Chrysler Automobiles, Mike Manley - ci aiuterà a supportare e a consentire lo sviluppo con successo del piano quinquennale dell'azienda presentato l'1 giugno scorso».

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