Reddito di cittadinanza tagliato: ecco per chi

Fra le varie proposte, si pensa anche agli immigrati: il Comitato vuole ridurre a 5 gli anni di residenza in Italia necessari per accedere al sussidio

Reddito di cittadinanza tagliato: ecco per chi

Il reddito di cittadinanza torna nuovamente al centro del dibattito politico: la manovra grillina è stata ancora una volta discussa nel corso di un incontro avvenuto a palazzo Chigi tra Mario Draghi, Andrea Orlando, Stefano Patuanelli, Renato Brunetta.

Le proposte

La scala di equivalenza attuale, strumento utile a determinare la soglia di accesso al Rdc ed il suo importo nei nuclei familiari di diversa composizione, secondo il Comitato tecnico scientifico "penalizza, senza alcun motivo, le famiglie con minori e/o numerose rispetto a quelle di piccole dimensioni e di soli adulti". Dal secondo componente della famiglia in su "il coefficiente è infatti 0,4 per gli adulti e 0,2 per i minorenni". Una vera ingiustizia per il Cts, che propone di attribuire a chiunque, indipendentemente dalla fascia di età, il coefficiente 0,4. "Vi è un tetto massimo di 2,1, indipendentemente dalla numerosità famigliare. Lo svantaggio riguarda sia la possibilità di ricevere la misura sia l'ammontare del trasferimento monetario percepito". Il Comitato ritiene, quindi, che molte famiglie numerose, povere e con minori risultino escluse dalla misura, oppure, anche nel caso in cui ricevano l'assegno,"ottengono un contributo economico non adeguato alle loro necessità". A tal proposito viene richiesto inoltre di ampliare suddetto tetto massimo fino a 2,8 (2,9 in cpresenza di persona con disabilità). Oltre ciò, il Cts ritiene lesivo il fatto che il contributo debba decadere per un'intero nucleo familiare a causa del fatto che"uno dei suoi componenti non soddisfi gli obblighi ad esso connessi".

Altra proposta riguarda il contributo affitto, che dovrebbe essere erogato in base alla dimensione del nucleo familiare: si parla di ridurlo per le famiglie composte da una sola persona ed ampliarlo progressivamente per quelle più numerose. "Oggi la normativa", dichiara sull'argomento il Cts, "prevede un contributo economico aggiuntivo all'importo base del Rdc destinato alle famiglie residenti in abitazioni in locazione. Il contributo copre almeno una parte dei costi dell'affitto. L'entità del contributo è uguale per tutte le famiglie, indipendentemente dalla loro dimensione. Si produce così un ulteriore svantaggio per i nuclei numerosi".

Anche l'obbligo di spendere l'intero ammontare dell'assegno entro una data prestabilita o avere rigidi vincoli sull'utilizzo di tali fondi sono delle norme da abbattere."L'obbligo di spendere l'intero importo del RdC entro il mese successivo alla sua erogazione impedisce alle famiglie di risparmiare, anche a scopo precauzionale, in vista di spese future", ammonisce il Cts. "I vincoli all'utilizzo della carta, inoltre, non solo limitano di fatto la libertà delle persone, ledendo il loro status di cittadini adulti e responsabili", si legge nella proposta, ma "suggerisce anche una visione dei beneficiari come potenzialmente incapaci o irresponsabili solo perchè poveri".

Viene confermata inoltre la richiesta di abbassare l'importo del contributo anche subito dopo il primo rifiuto di una proposta di lavoro ritenuta congrua. Tale riduzione sarebbe ovviamente applicabile solo ai beneficiari del Rdc che rientrano nella categoria degli occupabili. Il Comitato chiede anche che la dichiarazione di immediata disponibilità a lavorare venga richiesta esclusivamente dopo l'indirizzamento ai Cpi e ai servizi sociali e solo a coloro che sono indirizzati (o reindirizzati successivamente) ai primi. La situazione attuale, infatti, crea"confusione nei beneficiari che, anche a causa dei ritardi nelle prese in carico, possono trovarsi in una sorta di limbo tra due istituti".

Ampliamento agli extracomunitari

"Portare il periodo di residenza in Italia necessario per ricevere il Reddito di Cittadinanza a 5 anni", è la proposta chiave del Cts, che tira fuori ancora una volta il tema della discriminazione. L'Italia è "il Paese in Europa con i requisiti di residenza più stringenti: 10 anni, infatti, non sono previsti in nessun altro Stato", affonda il Cts. "Introdurre un requisito di durata minima di residenza è ragionevole.

Ma imporre un intero decennio di attesa come soglia minima significa lasciare senza aiuto famiglie e individui, inclusi minorenni, in condizioni di grave disagio, con il rischio che la loro situazione peggiori in modo irreversibile laddove un aiuto più tempestivo potrebbe prevenire l'avvio di traiettorie verso l'esclusione sociale, quando non la devianza", si legge in conclusione.

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