Prima la banca svizzera Credit Suisse, poi il colosso russo del petrolio Rosneft. E ora Tiffany, il simbolo del lusso occidentale per eccellenza. Qia, il ricchissimo fondo sovrano del Qatar, è «in bolletta». E per far fronte alle spese vende i gioielli di famiglia: le partecipazioni accumulate negli ultimi anni nelle più importanti società del mondo. Tutta colpa del basso prezzo del greggio e dell'embargo arabo con cui i vicini di casa (Arabia Saudita, Emirati arabi uniti, Bahrein ed Egitto) hanno riempito di sanzioni il Paese che, per correre ai ripari, ora è disposto anche a lasciar andare gli status symbol della propria forza finanziaria come la gioielleria a stelle e strisce. In vendita è finito il 3,5% del gruppo e l'assegno staccato dal mercato ha superato di poco i 420 milioni. Così, la quota che resta in mano, per ora, al fondo del Qatar è del 9,5%. E Doha perde la posizione di primo socio. Chissà dunque se l'emiro Hamad bin Kalifa al Thani, noto per aver fondato negli anni Novanta l'emittente televisiva Al Jazeera, continuerà a fare colazione da Tiffany o sarà costretto a vendere tutto. Molto dipenderà dall'evoluzione dei rapporti internazionali.
Fatto sta che l'operazione su Tiffany, così come quelle altrettanto recenti su Rosneft e il Credit Suisse, hanno iniziato a preoccupare gli investitori e le società in cui il Qatar ha investito. Su questi gruppi si va a creare, infatti, una forte incertezza; vendite improvvise sul mercato, che riguardano un elevato numero di azioni, solitamente causano piccoli crolli in Borsa. Anche se spesso temporanei, non sono certo ben accolti dagli azionisti, soprattutto i più piccoli.
Ma quali sono le società a rischio? In Europa il Qatar ha investito moltissimo. Le principali partecipazioni riguardano Volkswagen (17%), le britanniche Glencore (9%), Barclays (6,3%) e Royal Dutch Shell (2%). Non mancano poi all'appello le banche, con le quote in Credit Suisse (6%) e Deutsche Bank (10%).
Qia ha messo anche un piede in Harrods e Sainsbury's. Ma ha anche il 20% di Iag, la holding che controlla British Airways e Iberia. Non poteva poi mancare una presenza di peso nel Calcio europeo. In questo caso le preferenze sono andate alla francese Paris Saint Germain.
E in Italia? Lusso, moda e turismo sono tra i target più ricercati. Valentino è 100% del fondo da cinque anni. Ma la partecipazione di maggior peso è nella compagnia aerea Meridiana (49%). Fa capo al Qatar anche il progetto immobiliare Porta Nuova a Milano. Nell'alberghiero, lo sceicco possiede anche l'hotel Gallia a Milano e il Four Season a Firenze. Ma anche l'Excelsior a Roma. Non male, visto che i rapporti tra Italia e Qatar sono iniziati sostanzialmente cinque anni fa con il governo guidato da Mario Monti.
L'emirato ha creato nel 2012 con la Cassa depositi e presiti (Equity), una
joint-venture ed è entrata con il 28% nel capitale di Inalca (gruppo Cremonini). A tendere la mano all'emiro è stato poi anche l'ex premier Matteo Renzi che, di recente, ha chiamato in causa Doha anche nel salvataggio di Alitalia.
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