Mano a mano che si avvicina l'appuntamento clou del prossimo 5 giugno, quando la Bce tornerà a riunirsi, appare sempre più probabile che l'intervento di Mario Draghi seguirà un doppio binario: da un lato, un taglio dei tassi di riferimento; dall'altro, la discesa sotto lo zero di quello sui depositi presso la Banca centrale. Congegnata con lo scopo di sgonfiare l'euro e ridare un po' di colore a una pallidissima inflazione, la duplice mossa ha, di fatto, già ottenuto il placet della Bundesbank. Convinta, al contrario, dell'inutilità di una manovra di quantitative easing. Da giorni il capo della Buba, Jens Weidmann, continua a smontare le aspettative di un forte sostegno della banca tedesca a forti interventi da parte dell'istituto di Francoforte. Lo ha fatto anche ieri, ricordando come sarebbe «miope concentrarsi solo sul cambio dell'euro e ignorare l'effetto di stimolo derivante dai bassi tassi di interesse».
È evidente che, al momento di votare, si farà sentire il peso specifico della Bundesbank all'interno del board Bce. Ma il dibattito tra i vari governatori resta aperto. Il consiglio direttivo «è unanime nel possibile ricorso a misure straordinarie o di politica monetaria convenzionale. Le probabilità che si muova già nella prossima riunione di giugno sono aumentate in modo considerevole», ha detto Yves Mersch, uno dei suoi componenti. Mersch si è detto indirettamente favorevole all'acquisto di Abs (Asset backed securities), poiché la possibilità per le banche di «impacchettare» i prestiti alle imprese è in grado di produrre effetti positivi per tutti gli operatori di mercato. Lo stesso Draghi, ripetutamente, non ha escluso una strategia aggressiva. È quanto chiede peraltro il Fondo monetario internazionale, tornato a ribadire ieri la necessità di «condizioni monetarie più accomodanti per sostenere la ripresa nella regione».
Circoscrivere la manovra di stimolo solo ai tassi potrebbe del resto rivelarsi insufficiente. In base alle indiscrezioni raccolte da Der Spiegel, il tasso di riferimento dovrebbe calare dall'attuale 0,25 allo 0,10%. Ciò potrebbe frenare parzialmente i corsi dell'euro, senza tuttavia avere effetti immediati sull'economia reale. Quanto ai tassi sui depositi, dovrebbero scendere a -0,10%, con l'obiettivo di dissuadere le banche dal tenere parcheggiata la liquidità - circa 350 miliardi di euro - nei caveau dell'Eurotower.
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