Economia

Quegli «aiuti» di Parigi a Peugeot

di Marco Giorgino
Professore di Finanza al Politecnico di Milano

Negli anni Ottanta e Novanta, in Europa e in Italia, si è assistito a una campagna importante di dismissione degli asset aziendali detenuti dagli Stati. Il soggetto pubblico si è svestito del ruolo di produttore per assumere il ruolo di regolatore. Le privatizzazioni hanno segnato molte realtà importanti, nei settori industriali, dei servizi, bancari e assicurativi. Alcune partecipazioni nei settori strategici sono comunque rimaste nei portafogli pubblici, ma la parte preponderante è andata sul mercato. Da allora, nel tempo, alcune operazioni inverse sono state fatte, spesso alimentate dalla necessità di ridare un equilibrio nuovo alle aziende privatizzate o dalla necessità di riappropriarsi di interessi importanti e di portata strategica per i vari Paesi. In alcuni casi, infatti, lo Stato è intervenuto nuovamente in modo diretto. Negli ultimi anni, e in particolare, in conseguenza della crisi che ha caratterizzato moltissimi gruppi industriali e finanziari, questo fenomeno si è acuito. È successo in Gran Bretagna, con la nazionalizzazione di Lloyds Banking Group nel 2008; in Spagna, con l'intervento dello Stato in molte banche; negli Stati Uniti, con il programma Tarp da 700 miliardi di dollari. È forte, inoltre, la presenza dello Stato in alcune aziende francesi, come Edf o Orange, o tedesche, come Deutsche Post o Deutsche Telecom. Lo Stato è intervenuto rilevando quote per dare un supporto più stabile ad aziende che ne avevano bisogno. Questo spiega, in parte, l'incremento che il rapporto debito pubblico su Pil ha avuto in alcuni Paesi europei. Ogni volta, però, che un'operazione di ricapitalizzazione coinvolge uno Stato si apre il tema della verifica se questo possa o meno configurare un'operazione di «aiuto», ossia di salvataggio mediante risorse pubbliche che possa alterare i meccanismi concorrenziali.
L'enfasi è particolarmente rilevante quando questo avviene nel nostro Paese. Questo potrebbe forse avere ragioni storiche, dal momento che in passato non è sempre stata distinta la logica di investimento rispetto alla mera logica di intervento. In realtà, però, il tema riguarda molti Paesi. Ed è ciò che possiamo confermare registrando quanto sta accadendo in questi giorni. L'operazione di ricapitalizzazione di Alitalia - che prevede il coinvolgimento di una società interamente posseduta dal Tesoro, Poste Italiane - potrebbe configurare, per quanto indirettamente, un potenziale profilo di non conformità alla normativa europea in tema di intervento pubblico nell'economia. Ma non è l'unico caso in Europa. Nelle stesse ore si parla della sottoscrizione parziale dell'aumento di capitale di Peugeot da parte dello Stato francese. Il punto centrale non è se lo Stato usa risorse pubbliche per intervenire in aziende che possono essere rilevanti per il futuro. Il punto è come questo avviene, a quali condizioni, a quali prezzi, con quali prospettive, per quali finalità.

Questo significa capire se le risorse di Poste Italiane sono a supporto di un progetto che possa avere risultati nel tempo, che abbia una logica di investimento, che crei dei benefici, sia per la società acquisita, sia per il soggetto acquirente. E questo deve valere in Italia come in tutto il resto d'Europa.
twitter@marco_giorgino

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