Economia

Raddoppiati i controlli del fisco Accertamenti a quota 1,6 milioni

La Cgia: "Nel 2017 verifiche per una azienda su tre"

Raddoppiati i controlli del fisco Accertamenti a quota 1,6 milioni

Alla faccia del fisco che usa le buone maniere per convincere i contribuenti a pagare tutto. Sono ancora i tempi dei fisco che opprime le imprese, secondo i dati elaborati dalla Cgia di Mestre. Nel 2017 i controlli eseguiti dall'Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di finanza sono stati un milione 595mila. Quasi un'azienda italiana su tre è finita sotto il microscopio secondo le varie forme previste: accertamenti, controlli, accessi in azienda, verifiche sulla corretta emissione di scontrini e ricevute o comunicazioni spedite via pec su anomalie riscontrate negli studi di settore. Rispetto all’anno precedente l’attività degli 007 del fisco è raddoppiata. Vero che sono cresciute molto anche le attività di compliance, cioè le comunicazioni preventive con le quali il fisco segnala alle aziende incongruenze emerse dall'analisi della propria posizione fiscale. Ma gli imprenditori devono fare fronte anche ai controlli (non calcolati nello studio degli artigiani di Mestre) relativi all'azione di controllo realizzata dall'Inps, dall'Inail e dalle Asl, «che con frequenza altrettanto impressionante continua a esercitare un pressing del tutto ingiustificato sulle imprese», denuncia l'associazione. «Nonostante gli annunci e le promesse fatte in questi ultimi anni - commenta il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo - l'oppressione fiscale sulle aziende non alleggerisce la presa.

Tutto questo è il frutto di una cultura ideologica che non siamo ancora riusciti a lasciarci alle spalle». Gli imprenditori, «sono ancora concepiti come i padroni delle ferriere che esercitano la propria attività sfruttando e depredando la gente. Non è così, perché la quasi totalità degli imprenditori italiani sono persone oneste che con il proprio lavoro hanno creato ricchezza». Ieri anche il centro studi Unimpresa ha messo in evidenza un altro indicatore di quanto sia difficile investire in Italia. La burocrazia si accanisce anche contro chi fallisce. L’iter per chiudere i battenti nel Sud d’Italia dura in media circa 4.900 giorni, con picchi che raggiungono anche 5.700 giorni. Sempre nel Mezzogiorno, poi, secondo Unimpresa, servono 2.890 giorni per concludere una procedura esecutiva immobiliare. Tempi che si riducono drasticamente sia al Centro (3.300 giorni per un fallimento e 1.650 giorni per una esecuzione immobiliare), sia al Nord, dove il fallimento di una impresa si porta a termine in 2.700 giorni e una esecuzione immobiliare si snoda nell'arco di 1.200 giorni. Il numero dei fascicoli è calato negli anni, ma la durata dei procedimenti no. È la lentezza della giustizia civile che «ha un peso enorme nell'andamento del nostro Prodotto interno lordo», commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci. «In questo modo è impossibile pianificare i bilanci, definire i budget annuali, prevede investimenti: ne fa le spese la singola azienda e subisce un colpo anche l'intera economia italiana.

Queste dovrebbero essere le riforme su cui puntare di più, insieme con una riduzione del carico fiscale, che resta la nostra stella polare, per rilanciare la crescita».

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