Lo sblocco dei 44 miliardi di euro di aiuti alla Grecia, seppur deciso con un ritardo di almeno un semestre, ha senza dubbio eliminato dall'Eurozona un fattore di incertezza. Ma il 2013, anche senza voler considerare i tanti punti interrogativi sul futuro di Atene, si preannuncia fin d'ora come un anno carico di insidie. Con due potenziali minacce per la stabilità dell'area: la Spagna e la Francia.
Madrid ha archiviato il 2012 senza sciogliere il dubbio amletico se chiedere o meno un salvataggio all'Unione europea, limitandosi per ora a incassare l'assegno comunitario da girare alle banche con l'acqua alla gola come Bankia, Banco de Valencia e Catalunya Caixa. Denaro che dovrebbe rimettere in equilibrio un sistema finanziario travolto dalla crisi del settore immobiliare. Sotto il profilo della finanza pubblica, il governo Rajoy è riuscito a coprire la quasi totalità delle emissioni in calendario quest'anno. Per il prossimo vanno però reperiti almeno 200 miliardi. Ma a quali tassi? Gli spread più recenti tra i Bonos e i Bund indicano una situazione di calma, forse solo apparente. Soprattutto se l'esecutivo iberico continuerà a tergiversare sulla richiesta di un Sos. L'attivazione dello scudo anti-spread da parte della Bce di Mario Draghi farebbe subito scendere gli interessi sul debito spagnolo. Al prezzo, tuttavia, di un commissariamento di stampo ellenico sotto forma di drastiche misure di austerità.
È ciò che finora Rajoy ha voluto evitare, resistendo anche alla minaccia di Standard&Poor's di declassare il rating iberico a junk («spazzatura») in assenza di un bailout. A partire da gennaio, le condizioni dell'economia spagnola potrebbero comunque costringere il governo ad alzare bandiera bianca. Le stime parlano infatti di un calo del Pil fino all'1,4%, e la crescita non si dovrebbe rivedere prima del terzo o quarto trimestre del 2013. Ma è soprattutto la disoccupazione - che ormai sfiora il 26%, per un totale di 5,78 milioni di persone senza lavoro - a essere un incubo. Impossibile da ignorare.
Molti economisti concentrano però l'attenzione sulla Francia. Malgrado uno spread schiacciato a poco più di 60 punti e nonostante il cambio della guardia all'Eliseo, il 2012 non ha portato buone notizie per l'economia transalpina. Prima S&P e poi Moody's hanno tolto la tripla A a Parigi. Resiste Fitch, di proprietà francese, ma il declassamento sembra solo questione di settimane. Per il presidente François Hollande «non c'è recessione», ma la crescita è piatta e una contrazione è nell'aria. Il Fondo monetario internazionale non è ottimista neppure sul deficit pubblico, nel migliore dei casi destinato a collocarsi il prossimo anno al 3,5% contro il 3% prospettato da Hollande. Da qui l'invito del Fondo a tagliare la spesa, visto che la pressione fiscale è già ai massimi.
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