
Il caso Rcs e le vicende del Corriere della Sera hanno fatto trasparire per la prima volta, anche se non pubblicamente, un diverso punto di vista tra John Elkann, presidente di Fiat e primo socio con il 20,55% del gruppo editoriale, e Sergio Marchionne, ad del Lingotto. Appare sempre più chiaro, anche se le parti non fanno commenti, che il raddoppio della partecipazione torinese in Rcs più che la stabilità auspicata da Elkann, ha solo portato grattacapi. E Marchionne, sempre più concentrato sul futuro di Fiat Chrysler Automobiles, se un tempo liquidava il tema Corriere con un laconico «per noi è una partecipazione strategica», adesso sarebbe di diverso avviso. Tanto da averne parlato con il suo presidente e azionista, cercando di convincerlo a tenere il gioiello di famiglia La Stampa, ma a pensare a qualcosa d'altro per il Corriere, che potrebbe voler anche dire trasferire la quota da Fiat a Exor, la holding di casa Agnelli (l'impatto, in questo caso, risulterebbe però negativo viste le perdite accumulate da Rcs).
Il problema sollevato dal Giornale fa intanto discutere analisti e osservatori: «Non vedo il motivo perché una società indebitata come Fiat e ormai focalizzata sul business dell'auto, si debba impelagare e distrarre con le tante complessità di Rcs». E ancora: «La quota degli Agnelli nell'Economist è detenuta da Exor: un precedente che dovrebbe convincere la famiglia a fare altrettanto anche con il Corriere. Se Rcs interessa solo agli Agnelli, agiscano di conseguenza; e a maggior ragione ora, visto che Fca è un gruppo che si confronta con realtà fuori dall'Italia». Ma c'è anche chi avanza dubbi sulle possibilità di realizzazione del progetto di Elkann di unire Corriere, Stampa e Secolo XIX. «Se da una parte può risultare appetibile a eventuali compratori - afferma un osservatore - dall'altra, e senza nulla togliere alle altre due testate, sminuirebbe la levatura del Corsera vista anche la recente cessione dell'immobile di via Solferino». Il braccio di ferro su Rcs tra Elkann e Marchionne potrebbe palesarsi lunedì in occasione dell'assemblea del Lingotto a Torino.
Domani, intanto, tornerà a riunirsi il cda di Rcs, slittato l'altro giorno «ufficialmente» a causa di impegni imprevisti, ma anche per la dura reazione delle redazioni di Corriere e Gazzetta sull'intenzione di erogare bonus alla fine del piano triennale di rilancio all'ad Pietro Scott Jovane e a 20 manager. In proposito, il direttore Ferruccio de Bortoli è pronto a lasciare la direzione del Corriere, mentre redazioni e poligrafici hanno annunciato scioperi. Solidarietà è stata espressa dai giornalisti di La7. Ieri a fare il punto su Rcs è stato l'azionista con il 2,85% Urbano Cairo (La7) il quale, secondo l'altro socio forte del gruppo, Diego Della Valle (9%), «è l'unico editore vero, e azionista del gruppo, in grado di gestire il livello di litigiosità al suo interno». «Ringrazio il mio amico Della Valle - la risposta di Cairo - che è una persona che stimo molto; io, però, sono molto impegnato con la Cairo Communications che mi assorbe totalmente». Il patron de La7 ha anche fatto chiarezza a proposito di una possibile disponibilità in caso di revisione del cda di Rcs: «Non lo so, non me ne ha parlato nessuno per ora. Se dovessero chiedermelo? Ci penserò. Esistono le assemblee e le stesse eleggono i consigli. Ci saranno delle liste e saranno votate». Cairo, interpellato alla Star Conference di Milano, non ha quindi escluso la possibilità di aumentare la propria quota in Rcs: «Finché non lo fai, non dici quello che vorresti fare. Io sono fermo al 2,8%, quello che ho comprato con i diritti dell'aumento di capitale. Non ho aumentato la quota. E sto seguendo semplicemente come vanno le cose». Sull'ipotesi che Rcs distribuisca bonus a Jovane e ad altri manager, Cairo ha espresso la sua opinione: «Nelle mie aziende do i bonus nel momento in cui arrivi per lo meno a vedere un pareggio o un piccolo utile.