I grandi soci del Corriere della Sera litigano sulla composizione del prossimo consiglio, i cui membri andranno indicati entro venerdì, in tempo per l’assemblea del 2 maggio. Più che sui nomi, l’impasse è sul modello di governance: alcuni big del patto di sindacato che riunisce il 63,5% del capitale, quali Mediobanca, Fiat, il presidente di Intesa Giovanni Bazoli (che rappresenta Mittel) e il presidente del patto Giampiero Pesenti, puntano a un cda snello, che scenda dagli attuali 21 a 12, massimo 15 componenti e che presenti nomi di personalità indipendenti dagli stessi azionisti del patto di sindacato. Mentre Diego Della Valle, insieme con alcuni imprenditori con quote minori del patto e del gruppo, preferirebbe continuare a rappresentare direttamente il proprio investimento nel consiglio d’amministrazione.
La tesi dei primi, particolarmente cara all’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, è che un cda di personalità rilevanti e indipendenti può essere il volano sia per affidare in un secondo momento la società a nuovi top manager per rilanciarla, sia per attirare anche nelle seconde e terze linee nuovi talenti. Con la garanzia di non venire a lavorare in un gruppo paralizzato, nelle iniziative e nella linea editoriale, dai veti incrociati dei grandi soci (che in tutto sono la bellezza di 13). Mentre gli imprenditori che hanno investito di tasca propria i quattrini nelle azioni del gruppo (e come noto Della Valle si era detto disponibile a crescere, stoppato però dalle regole del patto e dall’asse Bazoli-Pesenti) ritengono importante mantenere la presenza nel consiglio. Su queste differenti visioni si è conclusa ieri, dopo quattro ore di discussioni, la riunione del patto, che si è aggiornata a domani. E che comunque dovrà decidere la lista entro venerdì santo. Di qui ad allora si muoveranno, come è in questi casi, le diplomazie.
Il confronto, ancorché duro, non necessariamente porterà a rotture importanti: se la linea Mediobanca-Bazoli, ancorché maggioritaria, non dovesse trovare l’unanimità dei consensi, si passerà oltre e si procederà come in passato (oggi in cda sono rappresentati i grandi soci), senza farne una guerra di religione.
Per quanto riguarda presidente e ad, la maggioranza dei soci fa sapere di essere favorevole a un ricambio. Per la prima figura, al posto del notaio Pier Gaetano Marchetti, la linea che sembra prevalere è quella di ricercare una personalità adatta a svolgere un ruolo non operativo, non invasivo, di altissima rappresentanza. Mentre l’amministratore delegato dipenderà dal modello di governance. Riguardo al toto nomine, nelle ultime ore è circolata la candidatura a presidente di Angelo Provasoli, ex rettore della Bocconi, considerato vicino a Bazoli e al presidente del consiglio Mario Monti. Mentre per il ruolo di ad si registrano voci sull’ipotesi Giorgio Valerio, alimentate dal fatto che il manager è recentemente rientrato nel gruppo con la responsabilità delle attività dei Quotidiani.
Tutti i soci, almeno a parole, dichiarano di voler imprimere una svolta importante al gruppo che, nel bilancio 2011, ha accusato 322 milioni di perdite, dopo aver svalutato per 300 milioni la partecipazione nelle attività spagnole (le attività Recoletos all’interno del gruppo Unedisa). Mentre incombe la cessione del gruppo Flammarion in Francia e il dibattito sulla sorte del patrimonio immobiliare nella milanese via Solferno, sede storica del Corriere.
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