Economia

Ecco cosa ci sarà dopo Quota 100

Il 31 dicembre diremo addio a Quota 100: tre le ipotesi prevalenti ma i sindacati hanno già le idee chiare. Mentre il governo è al lavoro, ecco cosa bisognerà comunque evitare

Ecco cosa ci sarà dopo Quota 100

A fine anno diremo addio a Quota 100: la riforma delle pensioni in fase di studio da parte del governo Draghi va avanti e le ipotesi in campo sono tante.

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Poco tempo fa (leggi qui) ci siamo occupati di quale potrebbe essere il futuro pensionistico dal 1°gennaio 2022: si è parlato di Quota 102, di una Quota 41 pura o di un'uscita anticipata con un sistema di calcolo col contributivo integrale e Quota 92 (a fronte di un ricalcolo interamente contributivo della pensione). Nessuna di queste ipotesi è in netto vantaggio sull'altra, ad oggi diremmo che una possibilità del 33,3% periodico per ognuna di loro. L'idea del premier Draghi si basa comunque su due aspetti fondamentali: rendere più flessibile l’uscita dal lavoro per alcune categorie svantaggiate e consentire l’accesso alla pensione anticipata ma con penalizzazione.

Cosa chiedono i sindacati

Forse, però, una preferenza c'è: Quota 41, tanto apprezzata dai sindacati, darebbe la possibilità di pensionamento con 41 anni di contributi per tutti i tipi di lavori senza limiti anagrafici e l’accesso alla pensione a 64 anni con almeno 20 anni di contributi versati. Tutto questo, però, se si è già raggiunto un importo pari a 2,8 volte quello dell’assegno sociale. Come si legge su WallStreetItalia, se non ci sarà un intervento realmente ampio e strutturale, dal 1° gennaio 2022 verrà ripristinata la legge Fornero, che prevede l’uscita dal lavoro a 67 anni. Lo scenario più probabile, quindi, resta quello della Fornero "potenziata" con un inevitabile allungamento dei tempi per l'uscita dal lavoro. Un altro nodo da sciogliere in vista dell'apertura vera e propria del cantiere previdenziale riguarda le rivalutazioni delle pensioni. Finora, la rivalutazione piena al 100% viene riconosciuta solo agli assegni che ammontano fino a 4 volte il minimo. Dall'1 gennaio 2022 lo schema dovrebbe cambiare in questo modo: perequazione sempre fino a quattro volte il trattamento minimo; perequazione al 90% tra le quattro e le cinque volte il minimo; perequazione al 75% sopra le cinque volte il minimo. Di fatto le fasce intermedie passerebbero dall'attuale rivalutazione al 77% a quella che prevede un adeguamento del 90%.

Cosa va evitato

È certamente indispensabile evitare lo scalone di 5 anni per chi, pur avendo i requisiti per la riforma varata dal governo gialloverde, dovrà fare i conti con i parametri della Fornero che fissano l'uscita a 67 anni. Al 31 dicembre del 2021 potrebbe anche uscire di scena l'Ape sociale che potrebbe determinare lo stop al prepensionamento con 63 anni di età e 30 anni di contributi o 63 anni di età e 36 di contributi. Con Ape sociale e Quota 100 alla porta e senza proroghe da parte del governo resterebbe sul campo la Fornero nel pieno della sua attuazione. Proprio l'Europa, nelle sue raccomandazioni all'Italia in vista del Recovery Fund, aveva chiesto la piena applicazione della riforma varata del governo Monti. Una scialuppa di salvataggio che resterebbe operativa è quella di Quota 41 ma solo per i lavoratori precoci. In questo quadro però non va dimenticato un aspetto fondamentale: l'adeguamento all'aspettativa di vita fissato dall'Istat.

L'asticella si sposterà di tre mesi per ogni biennio fino allo scoccare del 2026 per poi ridursi a due mesi ogni due anni partendo dal 2027.

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