Riparte il risiko del cemento E la Borsa fiuta la ripresa

Balzo di Cementir (+5,5%) e Buzzi (+6%), ora nel settore si attendono altre fusioni e prezzi in rialzo

Sofia Fraschini

La famiglia Caltagirone vende le attività italiane di Cementir e riaccende il risiko del cemento con un'operazione win-win per tutti gli attori coinvolti. Dai tedeschi di Heidelberg ai Pesenti, ancora azionisti (con il 5%) di Italcementi, passando per la famiglia Buzzi, dell'omonima Buzzi Unicem, tutti i protagonisti del settore porteranno a casa benefici da questa operazione.

I soci di Cementir e Buzzi hanno guadagnato ieri dalle super performance di Borsa innescate dall'operazione della famiglia romana: Cementir ha chiuso in rialzo del 5,57% a 7,2 euro e Buzzi Unicem del 6,09% a 22,65 euro. I tedeschi hanno consolidato la presenza sul mercato italiano. E l'intero settore ora spera nel rialzo dei prezzi atteso da anni e che potrebbe valere milioni.

Nel dettaglio, nella serata di martedì, Cementir Holding ha venduto al big tedesco HeidelbergCement (che nel 2015 ha rilevato il controllo di Italcementi dalla famiglia Pesenti) il 100% di Cementir Italia per 315 milioni (gli analisti valorizzavano le attività italiane sui 120 milioni). Saranno così trasferiti alla «tedesca» Italcementi cinque impianti di cemento a ciclo completo e due centri di macinazione di cemento per una capacità produttiva di 5,5 milioni di tonnellate. L'operazione è condizionata all'ok dell'Antitrust e il closing è previsto per l'inizio del 2018. Ed è proprio con il nuovo anno che il business del cemento potrebbe iniziare la rivoluzione tanto attesa.

Caltagirone, dal canto suo, lascia il mercato italiano per concentrarsi sui più profittevoli mercati internazionali. Presente in 15 Paesi, sarà pronto a reinvestire i soldi incassati fuori dall'Italia e, secondo indiscrezioni, potrebbe concentrarsi sul Nord America. D'altra parte, nel Belpaese, il prezzo del cemento è uno dei più bassi in Europa e proprio l'ad di Cementir Holding, Francesco Caltagirone jr, ha sempre sottolineato le difficili condizioni del mercato italiano in cui regna di fatto la sovraccapacità: per una produzione di 40 milioni di tonnellate la domanda si aggira sui 19 milioni di tonnellate, meno della metà. Da parte sua, Italcementi (Heidelberg) vede salire la propria quota di mercato in Italia dal 23,6% al 36 per cento. Mentre i numeri due e tre del mercato italiano (Buzzi e Colacem) restano rispettivamente col 23% e il 16 per cento. Il 75% del mercato è quindi in mano a soli tre player. E non è detto che, nei prossimi mesi, non avvengano ulteriori razionalizzazioni. Un nuovo contesto che secondo gli analisti di Equita porterà a un probabile rialzo dei prezzi.

Una rivoluzione, visto che il prezzo del cemento nel nostro Paese è, secondo l'Eurostat, sotto la media Ue del 22% (circa 60 euro a tonnellata). L'eccesso di capacità produttiva ha infatti determinato, durante la crisi, una concorrenza senza precedenti, che ha portato i margini del settore a trasformarsi in perdite. Nei bilanci degli operatori si sono registrate oltre 1,2 miliardi di perdite solo negli ultimi 5 anni. Ecco allora che l'operazione Caltagirone potrebbe salvare un settore al palo da anni.

«Dal 2008 l'industria italiana del cemento è scarsamente redditizia» commentano gli analisti di Akros spiegando che la diminuzione dell'uso del cemento si è tradotta in «un basso tasso di utilizzazione degli impianti (sotto il 60%). Il fattore chiave per riportare la profittabilità del settore è, quindi, proprio il consolidamento».

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