La rotta Alitalia resta in rosso Scricchiola il modello Etihad

Per la compagnia italiana appare difficile centrare il pareggio nel 2017. A novembre atteso il nuovo piano

La rotta Alitalia resta in rosso Scricchiola il modello Etihad

Scricchiola il modello Etihad, la compagnia di Abu Dhabi che due anni fa ha salvato Alitalia acquistandone il 49%. Alitalia va male e difficilmente raggiungerà a fine 2017 il pareggio operativo promesso dal piano industriale; ma anche l'altra grande partecipata in Europa, la tedesca Air Berlin (Etihad ha il 29%), è in forte crisi. La compagnia, con perdite di 1,2 miliardi, verrà conferita in una newco aperta al big del turismo Tui, mentre parte consistente della flotta, 40 aerei, è stata affittata a Lufthansa. James Hogan, numero uno della compagnia dell'emirato, ha creato una rete di partecipazioni di minoranza, in Europa rappresentate oltre che da Alitalia e Air Berlin dalle piccole Darwin (Svizzera) e Air Serbia. Con i due principali attori della squadra europea in difficoltà, si stenta a vedere realizzato quel sistema di sinergie.

Alitalia nel 2015 ha dichiarato una perdita di 199,1 milioni e secondo il piano il 2016 dovrebbe chiudere con un rosso di 44 milioni. Si teme che possa essere superiore (il presidente Luca di Montezemolo parla di 500mila euro al giorno), con il rischio di azzerare il patrimonio. Ma un aumento di capitale risulterebbe impossibile: Cai, socio di maggioranza (guidato da Intesa Sanpaolo e Unicredit), non intende sborsare altro denaro, impedendo di fatto una ricapitalizzazione, perché se Etihad salisse oltre al 51%, non essendo azionista comunitario perderebbe i diritti i volo di Alitalia.

In novembre sarà approvato un aggiornamento del piano industriale. La compagnia intende puntare sul lungo raggio, il più redditizio, aggiungendo agli attuali 24 aerei a doppio corridoio altri 20. Dovrà però prevedere perdite per qualche anno, fino all'entrata a regime, e organizzare un'efficiente e fitta rete di alimentazione sul breve e medio raggio. Preoccupato per la situazione, Hogan ha rilasciato ieri al Corriere della Sera una dura intervista nella quale accusa il governo di non aver rispettato i patti sottoscritti. Denuncia promesse mancate riguardanti Linate e investimenti a favore del turismo incoming, annuncia nuovi tagli al personale e invoca un freno alla concorrenza delle low cost, di Ryanair in particolare. Ma non spiega come riuscirà a traghettare Alitalia oltre la crisi. Dà le colpe agli altri.

Quanto a Linate, il governo ha modificato con decreto le regole dell'aeroporto, aprendolo anche a città europee non capitali. Questo ha permesso a Air Berlin di spostare da Malpensa a Linate i propri quattro collegamenti (di cui 2 già chiusi). Anche Alitalia ha trasferito i voli effettuati da Malpensa, ma senza riuscire a mantenere i precedenti 500mila passeggeri all'anno.

L'intervista di Hogan cade a due settimane dal vertice tra Matteo Renzi e lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan di Abu Dhabi, alle prese con i minori proventi da petrolio e con il futuro suoi investimenti in Italia, dove possiede anche il 5% di Unicredit (che presto dovrà ricapitalizzare) e Piaggio Aerospace. Resta da capire se Abu Dhabi deciderà di confermare il proprio impegno nel Paese o se invece farà un passo indietro.

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