Rodolfo Parietti
«Un momento storico, una nuova pagina per i due Paesi». Suona la grancassa della retorica la Russia, nell'annunciare l'intesa raggiunta con l'Arabia Saudita per stabilizzare i prezzi del petrolio. Parole un po' troppo roboanti per quello che, al momento, è solo un tentativo di cementare le reciproche relazioni ponendosi come un unico dominum, dall'alto di un potere estrattivo superiore al 21% del consumo mondiale, così da calamitare le adesioni di altri produttori (Kuwait ed Emirati Arabi lo hanno già fatto). Di più: il patto sembra la riproposizione del modello d'accordo naufragato la primavera scorsa a Doha, quando fu chiaro che il proposito di congelare l'output sui livelli di gennaio mancava di un tassello fondamentale: l'adesione dell'Iran.
Né Mosca, né Riad hanno per il momento dettagliato in quale modo intendono muoversi, limitandosi a riferire che stanno discutendo i parametri specifici del contenimento produttivo. A un gruppo di lavoro verrà dato il compito di monitorare gli indicatori fondamentali del mercato e sviluppare raccomandazioni per misure e azioni comuni. Tutto appare insomma piuttosto nebuloso, a sole tre settimane dal meeting dell'International Energy Forum, che si terrà in Algeria e al quale dovrebbero prendere parte anche i russi. Di tempo per la messa a punto di un impianto condiviso non ce n'è molto, e tutto potrebbe essere quindi rimandato al summit di novembre del Cartello. I sauditi, del resto, non hanno fretta: «Il congelamento è una delle possibilità, ma non è necessario oggi», ha spiegato il ministro del Petrolio, Khalid al-Falih. Le quotazioni del greggio sono infatti passate da un robusto rialzo del 5% a ridosso dell'annuncio dell'intesa, con il Brent tornato sopra i 49 dollari e il Wti fino a quota 46,5, a un andamento meno euforico che ha riportato a 48 dollari il barile europeo e a 45,55 dollari quello americano.
Il nodo da sciogliere resta sempre quello iraniano. Teheran, come confermato ieri da un suo funzionario, è ancora fermamente intenzionata a riprendersi le quote che aveva perso in seguito alle sanzioni. E la Russia non sembra aver intenzione di ostacolarne i propositi. A scendere in campo, schierandosi al suo fianco, è stato il presidente Vladimir Putin nella conferenza stampa conclusiva del G20 di Hangzhou, in Cina: «È giusto che l'Iran rientri nel mercato del petrolio pompando la stessa quantità di greggio precedente alle sanzioni internazionali che le erano state imposte». Putin ha tuttavia sottolineato che l'attuale prezzo del petrolio non è giusto, anche se Mosca può dirsi soddisfatta comunque del livello attuale. Resta da vedere come i russi riusciranno a ricomporre i rapporti tra sauditi e iraniani, fortemente deteriorati anche per motivi religiosi.
La soluzione più semplice, ma anche la meno praticabile, sarebbe tenere l'Iran ai margini dell'accordo sul contenimento dell'output. Sempre che, come spesso è accaduto, non prevalga la solita anarchia. Soprattutto da parte di quei Paesi che, in forte crisi come per esempio il Venezuela, difficilmente accetteranno di estrarre meno petrolio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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