Saipem, indagato anche Scaroni

Saipem, indagato anche Scaroni

C'è una «gola profonda» all'interno del gruppo Eni, un uomo del cane e sei zampe che poco tempo fa ha deciso di collaborare con la Procura di Milano. E sono le rivelazioni del supertestimone - di cui negli atti non viene fatto il nome - alla base della iniziativa che porta ieri pomeriggio la Guardia di finanza a fare irruzione nel cuore di Eni: sette manager ed ex manager del gruppo vengono inquisiti per corruzione internazionale, per le tangenti che Saipem avrebbe pagato per assicurarsi i contratti in Algeria. Importo complessivo delle stecche: 197 milioni di euro. In testa al gruppo degli indagati c'è Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni. Le fiamme gialle perquisiscono il suo ufficio e anche la sua abitazione milanese, sequestrando anche le sue email. Indagate per responsabilità amministrativa sono anche le società Eni e Saipem. La notizia dell'impeachment del numero uno di Eni arriva a Borsa ancora aperta, e il titolo ne paga le conseguenze: meno 4,6%. In una nota, Eni e Saipem «si dichiarano totalmente estranei alle vicende oggetto di indagine» e rivendicano di avere fornito la massima cooperazione alla magistratura.
Nel decreto di perquisizione spiccato dal pm Fabio De Pasquale il nome di Scaroni compare insieme a quelli di dirigenti che recentemente sono stati allontanati dai posti di comando, e la cui rimozione era suonata come l'avvisaglia della tempesta incombente: l'amministratore delegato di Saipem Pietro Tali, il suo direttore generale Pietro Varone, il direttore finanziario di Eni, fedelissimo di Scaroni, Alessandro Bernini. È Varone, nel racconto della «gola profonda», il principale attore dei rapporti occulti che portano in direzione di due banche - la filiale di Fjairah, negli Emirati Arabi, della Habib Bank di Zurigo, e la sede di Dubai della Barclays - le provvigioni pagate da Saipem ufficialmente a una società di consulenza con sede a Hong Kong, la Pearl Limited, ma secondo la Procura destinate a esponenti del regime algerino attraverso Farid Noureddine Bedjaoui, nipote dell'ex ministro dell'Energia Chekib Kelil. «A Parigi - ha raccontato il teste misterioso - Varone incontrava a volte il “Vecchio”, a volte il “Giovane”». Il Vecchio sarebbe Kelil, il Giovane sarebbe Bedjaoui. Come si arriva a chiamare in causa anche Scaroni? Dalla lettura del decreto di perquisizione, l'unico elemento diretto che coinvolge l'amministratore delegato è il racconto di una riunione a Parigi con il ministro e il nipote. Ma è difficile immaginare che la Procura si sia spinta ad incriminare Scaroni senza avere altro nel cassetto.
In cambio delle tangenti versate attraverso Bedjaoui, Saipem avrebbe portato a casa tra il 2007 e il 2009 appalti per oltre 11 miliardi di dollari, gestiti da Sonatrach, l'ente di Stato algerino per il petrolio. Dal decreto di perquisizione non si capisce come gli inquirenti siano arrivati a ritenere che la Pearl Limited, diretta secondo Varone da tale Samir Ourated, in realtà facesse da vettore delle stecche in direzione del governo di Algeri e di Sonatrach.

Ma dei rapporti tra Varone e il faccendiere Bedjaoui esisterebbe invece prova documentale: il 1° dicembre scorso alla stazione di Roma Termini viene fermata Regina Picano, ex moglie di Varone, con delle carte che dimostrano gli stretti legami tra i due.

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