Sofia Fraschini
Semestrale da dimenticare per Saipem che ieri ha lanciato un nuovo «allarme utili» annunciando che mancherà gli obiettivi 2017. Un déjà vu per il titolo (successe anche nel 2013) che, dopo settimane al ribasso, ha perso ulteriormente quota lasciando sul terreno l'1,35% a 3,37 euro. Valore che riporta di fatto le azioni della società ai livelli (minimi) post aumento di capitale 2016.
A pesare sulla semestrale sono state in particolare alcune svalutazioni. Ma la fragilità dei risultati - presenti e futuri - non è causata da eventi straordinari, bensì dalla strutturale debolezza del prezzo del petrolio e del business connesso che ha depresso investimenti e, di conseguenza, i ricavi delle società di ingegneria come Saipem. L'opera di ristrutturazione iniziata dall'amministratore delegato Stefano Cao sta comunque portando risultati e lo si evince dal dato sul debito che nel semestre è rimasto praticamente stabile. Però non basta.
La condizione del settore oil sta schiacciando il gruppo che ieri, proprio alla luce dei mancati risultati, ha annunciato nuovi tagli al personale. Con la prima semestrale a firma Cao, nel luglio 2015, la società aveva annunciato un taglio di 8.800 dipendenti a livello globale. Poi, a fine 2016, se ne sono aggiunti altri 800 che, oggi, diventano 1.150, soprattutto in Italia e Francia, e potrebbero aumentare ancora «sulla base di ulteriori azioni portate avanti dai division manager», ha spiegato l'ad. «Di fatto, da quando abbiamo lanciato il piano Fit for future, i tagli sono stati superiori ai 16.000 dipendenti a livello globale e non abbiamo finito», ha aggiunto il manager. Guardando ai numeri, il semestre ha registrato un rosso di 110 milioni, (-157 milioni nel secondo trimestre), a causa di alcune svalutazioni, oneri da riorganizzazione e controversie tributarie per circa 200 milioni.
A livello adjusted la società di oil services ha registrato un netto semestrale di 92 milioni. I ricavi sono scesi del 13% a 4,59 miliardi a causa della contrazione di attività nei settori E&C Offshore, floaters e drilling. Giù anche il portafoglio ordini che ha toccato 2,08 miliardi (da 3.3 miliardi nel primo semestre del 2016).
Un quadro a tinte fosche che ha portato alla revisione delle stime per il 2017: in particolare quelle sui ricavi passano da 10 miliardi a 9,5 miliardi a causa di acquisizioni di nuovi progetti contenuti nel secondo trimestre in un mercato sfidante, soprattutto nei settori offshore. Restano invariate le previsioni di ebitda per circa un miliardo, mentre l'utile netto adjusted è stimato attorno ai 200 milioni, rispetto ai circa 230 milioni precedenti, a causa di maggiori oneri finanziari. Gli investimenti sono attesi inferiori ai 400 milioni, mentre è confermata l'attesa di un debito netto a circa 1,4 miliardi. Per quanto riguarda l'acquisizione di nuovi ordini, «abbiamo una serie di iniziative commerciali in corso con un grado di maturazione alto da farci ritenere che, nel corso del prossimo futuro, porteranno a casa contratti per almeno 4 miliardi di dollari. Si tratta di nuove commesse che rafforzeranno il portafoglio per il 2018 e gli anni successivi», ha concluso Cao cercando di rassicurare il mercato sui target 2018 che restano a questo punto quanto mai incerti.
Il problema
resta in capo agli investitori (Eni e Cassa Depositi e Prestiti in testa) che, dall'aumento, hanno visto solo uno sporadico miglioramento del titolo. E sul futuro molti analisti già rivedono le stime con target a 2,8 euro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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