Salta la trattativa, bancari in piazza a gennaio

Salta la trattativa, bancari in piazza a gennaio

A poco (o nulla) è valso l'anno finora speso a cercare di incollare i cocci tra Abi e sindacati sul rinnovo del contratto dei bancari italiani: ieri mattina alle 11 il tavolo negoziale è saltato per la seconda volta e si preannuncia una nuova manifestazione di piazza tra il 15 e il 20 di gennaio dopo quella dell'ottobre 2013. I sindacati sono «anacronistici», ha affondato il coltello Palazzo Altieri, al termine del doppio incontro (ristretto e plenario) con le parti sociali, rimarcando la disponibilità a «discutere» la salvaguardia del potere d'acquisto e la volontà di trovare «soluzioni innovative» che diano «sostenibilità» alle banche e ai loro 308mila addetti. L'Abi, che ha affidato il negoziato al presidente di Mps, Alessandro Profumo, considera infatti il costo del lavoro già oggi incompatibile con un settore che ha una redditività media da prefisso telefonico.

Da qui sia la prova muscolare per congelare in modo «strutturale», cioè permanente, gli scatti di anzianità e l'adeguamento del Tfr sia il freno posto al recupero dell'inflazione all'1,85%. Per contro i sindacati, che accettano solo misure temporanee, chiedono un adeguamento del 6,5%; il costo della vita reale, depurato dell'inflazione è prossimo al 3,8 per cento. La guerra è però soprattutto politica, perché il nuovo contratto è lo stampo che darà forma alle banche del post crisi e regolamenterà l'ondata di esuberi risultante delle probabili fusioni innescate dagli stress test. Da qui le tensioni sulla modifica della cosiddetta «area contrattuale» e sulla flessibilità degli «inquadramenti». Dicembre e gennaio serviranno quindi all'Abi per capire se c'è lo spazio (o meno) per rinnovare il contratto, trovando una mediazione con i sindacati guidati dalla Fabi di Lando Maria Sileoni insieme alle confederali Fiba-Cisl (Giulio Romani), Fisac-Cgil (Agostino Megale) e Uilca-Uil (Massimo Masi).

«L'Abi ha ragione: siamo anacronistici perché difendiamo i diritti dei lavoratori», ha attaccato Sileoni, chiedendo di tagliare del 30% i superstipendi del top management e stigmatizzando la situazione di un settore che ha 177 miliardi di sofferenze e ha prepensionato 68mila addetti. Nel frattempo finiscono surgelate anche le relazioni sindacali nei singoli gruppi; non certo il massimo dove ci sono piani di riassetto aperti.

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