Economia

Se Atene va in crisi l'Italia ci rimette 40 miliardi di euro

Tsipras minaccia di non restituire il debito e a pagare saremmo noi: gli aiuti dati sono tutti soldi pubblici

Se Atene va in crisi l'Italia ci rimette  40 miliardi di euro

Roma - Un eventuale default greco si farebbe sentire anche da noi e non solo per un aumento degli interessi sul nostro debito o per l'instabilità sui mercati finanziari. Quella la stiamo già in parte scontando. Se le cose dovessero precipitare e Atene dovesse scegliere di penalizzare tutti i creditori, non solo il Fondo monetario internazionale, la nostra esposizione sarebbe di circa 40 miliardi di euro. Quasi la totalità dei nostri prestiti ai paesi di Eurolandia e una voce importante del debito pubblico italiano. Nell'ultimo Documento di economia e finanza i crediti complessivi dell'Italia ai paesi dell'Uem sono stimati in 60,3 miliardi, sui quali paghiamo interessi maggiori rispetto ai Francesi o ai Tedeschi.

Alla Grecia abbiamo concesso 25 miliardi con l'Efsf. Ci siamo fatti carico di quasi il 20% del piano europeo di stabilità varato nel 2010. Altri 14 miliardi riguardano il piano successivo, l'Esm. Come minimo 40 miliardi. Tutti soldi pubblici perché, a differenza di Francia e Germania, le banche italiane non si sono esposte troppo sui titoli del Paese ellenico, come ha confermato ieri il presidente dell'Abi Antonio Patuelli. Non sono comprese le quote di partecipazione dell'Italia alla Bce o allo stesso Fmi, il creditore di Atene che, per il momento, rischia di più.

Domenica il ministro dell'interno di Atene Nikos Voutsis ha detto che il governo non è in grado di pagare la rata del prestito del Fmi da 1,5 miliardi che scade in giugno. I mercati hanno subito reagito. Le poche borse aperte hanno messo segno perdite importanti: Madrid -2,01% e Milano -2,09%.

Sempre ieri, il governo Tsipras ha attenuato i toni. «Finché saremo nella posizione di pagare i nostri impegni, li pagheremo. È responsabilità del governo essere in una posizione di fare fronte ai propri obblighi», ha detto il portavoce del Governo Gabriel Sakellaridis.

Dichiarazione che rafforza l'idea che Atene stia usando il credito (e le ipotetiche conseguenze per l'Euro, evocate dal ministro delle Finanze Varoufakis) tatticamente per spuntare una linea più morbida da parte dei creditori

Non è un caso che ieri lo stesso Varoufakis (che oggi sarà a Torino per la nomina a professore ad honorem dello l'International University College) abbia attaccato di nuovo Bruxelles, indicando una via di uscita. La tesi del ministro è che «l'ostacolo all'accordo è l'insistenza dei creditori su una ancora maggiore austerità, anche a scapito del programma di riforme che il nostro governo è ansioso di perseguire». La trattativa con l'Ue sulle riforme continua oggi, con una riunione del Brussels Group, la ex troika.

Partita che resta difficile. Le proposte di bilancio della Grecia non garantiscono per quest'anno il surplus di bilancio che sarebbe necessario per non indebitarsi ulteriormente, ha spiegato il capo economista uscente del Fmi Blanchard.

La tattica politica di Tsipras rischia di logorare anche i risparmiatori. La fuga dai conti correnti greci è una delle possibili conseguenze della guerra di logoramento sulla Grecia. Se accadesse, metterebbe in ginocchio l'economia reale del Paese, più di ogni politica pro austerità. Sono di ieri dati sul turismo in Grecia che fotografano un settore in piena salute, con un aumento dei ricavi poco inferiore al 13 per cento.

Per tranquillizzare i risparmiatori, il governo greco ieri è stato costretto a un'altra dichiarazione pubblica. Questa volta per smentire le voci sull'eventualità che venga imposto un controllo sui trasferimenti di capitali o un congelamento dei depositi. Voci «infondate e irresponsabili», ha commentato il portavoce.

Peccato che a favorere queste voci siano state proprio le uscite dei ministri di Atene.

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