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"Salvò la Regina". Il retroscena dietro al funerale di Diana

Una nuova ricostruzione mette in discussione il ruolo della regina Elisabetta e dell’ex premier britannico Tony Blair nell'organizzazione del funerale pubblico di Lady Diana

"Salvò la Regina". Il retroscena dietro al funerale di Diana

Lady Diana non ebbe l’onore dei funerali di Stato. Quando morì, il 31 agosto 1997, non era più un membro della royal family e le era stato tolto il trattamento di altezza reale, sebbene avesse conservato il titolo di principessa del Galles. In sua memoria, comunque, Buckingham Palace organizzò una cerimonia pubblica. La Corona permise anche l’attuazione della “Operation Tay Bridge”, cioè il piano per le esequie della Regina Madre, stabilito, come da prassi, con decenni di anticipo. Stando alle ricostruzioni più accreditate, però, tali decisioni non sarebbero state suggerite dalla regina Elisabetta, bensì dall’allora premier Tony Blair. Ora una nuova indiscrezione rimette in gioco tutto quello che credevamo di sapere in merito, aprendo nuove prospettive e possibilità di interpretazione di fatti che ormai consideravamo certezze.

6 settembre 1997

È impossibile dimenticare il corteo funebre che accompagnò il feretro di Lady Diana fino all’Abbazia di Westminster, il 6 settembre 1997. Molti di noi ricordano perfino dove erano e cosa stavano facendo sia il giorno della morte della principessa, sia la mattina del suo funerale. Accade spesso quando ci troviamo di fronte a grandi eventi storici che toccano nel profondo la sensibilità e la memoria collettiva (vale lo stesso discorso, per esempio, per l’11 settembre). Le esequie di Diana saranno sempre ricordate sia per l’immensa ondata di commozione planetaria che scosse i cinque continenti (e non è un’esagerazione), sia per l’inchino della regina Elisabetta al passaggio del feretro. Gesto, questo, carico di significato proprio perché contrario al protocollo e simbolo di rispetto, di quella sensibilità e umanità che vanno oltre le gerarchie e il potere. Dietro quell’inchino, però, si nasconderebbero dei retroscena non ancora svelati.

I giorni dell’incertezza

Subito dopo la scomparsa di Lady D la royal family dovette affrontare una settimana difficile, in cui persino l’istituzione monarchica sembrò vacillare, disorientata, perfino sballottata da una parte all’altra dalla marea di affetto e lacrime tributati alla principessa. Forse, per una volta, neppure la regina Elisabetta capì subito cosa doveva fare. C’era già chi accusava i Windsor di complotto, puntando il dito contro l’allora principe Carlo. Sua Maestà si chiuse nel silenzio del lutto e della pazienza di chi spera che la tempesta passi presto. Una mossa umanamente comprensibile per un verso, ma di fatto deleteria per la reputazione della Corona. Sarebbe stato il premier dell’epoca, Tony Blair, a convincere la sovrana a uscire dall’isolamento protettivo e a pronunciare lo storico discorso in memoria della ex nuora, il 5 settembre 1995. Attraverso quel breve intervento, “come regina e come nonna”, cita il People, Elisabetta iniziò a riconquistare la fiducia del popolo.

Il ruolo di Tony Blair

Blair non si sarebbe limitato a consigliare l’idea del discorso commemorativo. Sarebbe andato ben oltre, secondo la ricostruzione ormai accettata da quasi tutti i media e gli esperti reali, diventando il vero artefice del cambiamento nell’immagine della monarchia e dei Windsor. In un certo senso in quei giorni di dolore avrebbe tirato fuori la royal family dalle sabbie mobili di quell’inazione che il popolo associava, con sempre più astio, all’indifferenza verso Diana e verso il sentimento della stessa nazione. Fu Tony Blair, infatti, a coniare per Diana la definizione di “principessa del popolo”, espressa per la prima volta nel suo discorso alla nazione del 31 agosto 1997, citato da Town and Country Magazine. Sarebbe stato ancora l’ex premier, ricorda il Daily Mail, a caldeggiare l’idea di un funerale pubblico per la principessa.

Da “The Crown” e “The Queen” alla realtà

Nel film “The Queen” (2006) e nella stagione finale di “The Crown” (2023) il periodo tra la morte di Diana e il suo funerale viene descritto enfatizzando proprio lo sforzo di Blair per convincere Sua Maestà a rispondere agli eventi con maggiore fermezza e disponibilità verso gli inglesi. Ovvero pronunciando il discorso commemorativo e concedendo le esequie pubbliche. "The Crown" propone anche la versione, mai verificata, secondo cui Elisabetta II e il principe Filippo si sarebbero opposti all'idea dei funerali di Stato. In ogni caso entrambe le produzioni sottolineano, in particolare, l’iniziativa del governo nell’organizzazione della cerimonia pubblica di Lady D. Abbiamo sempre pensato che la realtà non fosse troppo distante da questa narrazione. Finora, almeno.

“Leggende”

A ventotto anni dalla scomparsa della principessa Diana la ricostruzione relativa all’iniziativa di organizzare dei funerali pubblici potrebbe essere quasi del tutto da buttare, almeno secondo il biografo reale Robert Hardman. Al podcast “Queens, Kings and Dastardly Things”, riportato dal Daily Mail, l’esperto ha rivelato: “Ho intervistato in maniera approfondita tutte le persone coinvolte” nella preparazione delle esequie, “inclusi dei membri del governo laburista. Sono nate molte leggende da quella settimana” tra il 31 agosto e il 6 settembre 1997. Il fatto più clamoroso riguarda proprio Tony Blair, che secondo le nuove indiscrezioni non avrebbe dato alcun consiglio alla regina Elisabetta in merito al funerale: “Lord Airlie e il suo team avevano già delineato i piani per il funerale a Westminster Abbey. I collaboratori di Blair non si occuparono nemmeno del caso”. Nel 1997 Lord Airlie era il Lord Ciambellano della sovrana e la sua figura è stata inserita sia nel film “The Queen”, sia in “The Crown” (piccola curiosità: fu l’ultimo nobile sopravvissuto ad aver partecipato a tre incoronazioni: quella di Giorgio VI nel 1937, quella di Elisabetta II nel 1953 e quella di Carlo III nel 2023). Ciò significa che sarebbe stata la royal family a prendere l’iniziativa delle esequie pubbliche per Lady D.

Il parere della famiglia Spencer

Hardman sostiene di aver esaminato “un promemoria scritto la domenica” precedente alla cerimonia, mentre Blair e il suo team si sarebbero incontrati e avrebbero affrontato per la prima volta l’argomento dei funerali solo il giorno seguente. Neppure i parenti della principessa avrebbero mai pensato a una cerimonia trasmessa in diretta televisiva: “Molto comprensibilmente alcuni membri della famiglia Spencer concordavano su una cerimonia privata, dato che [Diana] non era più una reale”.

L’idea dei Windsor

La royal family, invece, avrebbe avuto compreso fin da subito la portata dell’evento, ha detto ancora Hardman: “Aiutato dal cognato di Diana, Robert Fellowes, che era il segretario privato della Regina, il Palazzo sapeva che sarebbe stato un avvenimento epocale. Doveva essere un funerale degno di questo nome. Lord Airlie era un uomo molto saggio…La sua frase era: ‘Deve essere de novo, cioè da capo. Deve essere un evento dedicato unicamente a Diana”. Quindi la “Tay Bridge Operation” sarebbe servita da base per costruire qualcosa di nuovo, che sarebbe rimasto nella Storia.

Miliardi di persone

La cerimonia funebre di Lady Diana, mette in evidenza ancora il Daily Mail, venne seguita in diretta televisiva da più di 2,5 miliardi di persone. Un milione si riversò nelle strade di Londra per veder passare il feretro, mentre altre 2mila parteciparono alla funzione nell’Abbazia di Westminster. Lord Airlie riuscì a tenere sotto controllo l’intera organizzazione delle esequie, coordinando i rappresentanti dei Windsor, del governo, della famiglia Spencer e della Metropolitan Police.

L’insistenza di Carlo

La storica Kate Williams ha notato, però, che la versione dei fatti riportata da Hardman presenterebbe più di una contraddizione: secondo i resoconti ormai storici la royal family sarebbe stata inflessibile, in un primo momento, nell’opposizione a un funerale pubblico e sarebbe stato decisivo l’intervento dell’allora principe Carlo: “Stando alle testimonianze fu la royal family a opporre resistenza. Volevano un funerale privato, ma Carlo disse che doveva andare a prenderla, doveva essere esposta pubblicamente nella camera ardente, doveva avere una cerimonia funebre solenne”. Rivolgendosi ad Hardman a Williams ha proseguito: “La tua ricerca suggerisce che, in realtà, il Palazzo avrebbe accettato fin dall’inizio che per Diana ci sarebbe stato un funerale di portata storica”.

Dubbi e incertezze

L’incertezza rimane: la royal family prese l’iniziativa dei funerali pubblici per la principessa Diana, oppure indugiò? O ancora si dichiarò immediatamente contraria per poi ripensarci man mano che cresceva la commozione popolare? Molto interessante e a tratti perfino ambiguo è il ruolo della regina Elisabetta. Non è chiaro se fu soprattutto lei a opporsi all’idea della cerimonia solenne. Il silenzio tra la morte di Diana e il discorso del 5 settembre 1997 potrebbe suggerire questa ipotesi. In ogni caso sembra poco credibile che proprio la sovrana abbia proposto la soluzione poi attuata per le esequie. Più attendibile sarebbe la versione secondo cui Carlo, forse sconvolto dalla morte della ex moglie, magari tormentato da qualche senso di colpa, avrebbe insistito sull’opzione della funzione pubblica. C’è da prendere in considerazione anche la possibilità, per nulla remota, che i reali siano stati abilmente consigliati dal loro staff.

Le parole di Tony Bair

Le dichiarazioni dell’ex premier Blair non ci aiutano molto a fare chiarezza. Per quanto riguarda la tanto chiacchierata titubanza di Elisabetta dopo la morte dell’ex nuora, non si sarebbe trattato di una dimostrazione di freddezza e noncuranza, come qualcuno ha ipotizzato. In un’intervista al documentario della Bbc “Diana, 7 Days” (2017), citato dal magazine Hello, l’ex primo ministro spiegò: “Credo che [La Regina] fosse molto preoccupata dell’impatto sui ragazzi”, William e Harry, che all’epoca avevano rispettivamente 15 anni e 12 anni. “Era molto triste per Diana, naturalmente. Era preoccupata per la monarchia perché la Regina ha un istinto molto forte per quel che concerne l’opinione pubblica e per il modo in cui interpreta [i fatti]”.

“Non aveva bisogno che le dicessi cosa fare”

In un’intervista a Today, rilasciata nel settembre 2022, Tony Blair ha idealmente proseguito il discorso iniziato nel documentario del 2017, puntualizzando che i giorni tra la morte di Diana e il funerale “furono difficili, ma…[la Regina] stava cercando di bilanciare ciò che doveva fare come Regina e ciò che doveva fare come nonna. Era profondamente consapevole del fatto di avere due nipoti giovanissimi che avevano perso la loro madre in circostanze terribili, stavano soffrendo e avevano bisogno di qualcuno che si prendesse cura di loro”. Tutto ciò, naturalmente, non è in discussione. Blair ha poi affermato: “Alla fine [Elisabetta II] comprese, perché il suo dovere veniva sempre al primo posto. Dovette reagire di fronte alla straordinaria manifestazione di dolore nei confronti di Diana…”. Anche la sovrana sarebbe stata colpita dalla “sensazione che fosse successo qualcosa che non doveva succedere e che Diana fosse stata portata via alle persone che davvero l’amavano”. L’ex premier ha poi aggiunto: “[La Regina] non aveva bisogno che le dicessi” quanto la nazione avesse bisogno del suo sostegno dopo la morte di Lady D. “Lo percepì e reagì. Quando rispose, lo fece perfettamente. Aveva il tono giusto”.

“Ha salvato” la Regina

L’impressione, però, è che queste affermazioni vogliano quasi giustificare il silenzio della regina Elisabetta. Sembra persino che Blair voglia schermirsi, sottrarsi, non attribuirsi alcun merito, forse nemmeno quello, seppur contestato, di aver preso l’iniziativa per la cerimonia solenne dedicata a Diana. L’ex premier non affronta direttamente questo argomento, forse proprio per proteggere la memoria della sovrana. Eppure la narrazione più accreditata relativa a quel frangente doloroso conseguente alla morte della principessa riconosce proprio a lui la parte principale, come ha riassunto bene al Daily Mail lo storico Dominic Sandbrook: “Quella sorta di dimostrazione rituale di empatia in cui [Blair] era molto bravo e la Regina non altrettanto stava diventando una parte della nostra cultura politica”.

Che l’iniziativa del funerale pubblico sia partita o meno dalla royal family, rimarrebbe il fatto che Elisabetta non sarebbe riuscita a cogliere con il giusto tempismo il cambiamento innescato anche dalla dipartita della nuora e questo sarebbe stato, per lei, qualcosa di fin troppo vicino al fallimento come monarca: “A nessuno piace essere in debito con qualcun altro. Penso che probabilmente la Regina sentisse che [Blair] l’aveva salvata e, nello stesso tempo, non le piaceva il fatto che lo avesse fatto, né apprezzava lui per questo”.

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