Economia

E se Mosca chiude il gas? Ecco cosa succederà questo inverno

Senza il gas russo scatta l’austerity: più carbone, strade buie e due gradi di riscaldamento in meno. I prossimi mesi invernali potrebbero essere rigidi e non per forza a causa delle temperature

E se Mosca chiude il gas? Ecco cosa succederà questo inverno

Gli inverni sono rigidi per le temperature, il prossimo potrebbe esserlo anche in termini di austerity. Se Mosca dovesse chiudere i rubinetti del gas ci aspetterebbero mesi di contingenza tra lampioni spenti, una stretta sui riscaldamenti domestici e anche sulle aziende particolarmente energivore. Inoltre, nel piano di emergenza, figura anche la necessità di appoggiarsi al carbone, tra i nemici più acerrimi dell’ambiente.

Più carbone e meno consumi

In assenza di partner che possano colmare le diminuzioni di importazioni dalla Russia, il governo sta abbozzando un piano di emergenza che prevede minori consumi di gas e un maggiore coinvolgimento delle centrali elettriche a carbone. Un problema che riguarda anche l’ambiente e che rischia di vanificare parte degli sforzi fatti per rispettare le politiche Ue dell’Agenda 2030, che impongono uno sviluppo sostenibile con cali drastici delle emissioni di CO2.

Con i rubinetti russi chiusi verrebbero posti limiti ai consumi delle aziende energivore, con il rischio quindi di metterne in crisi la produttività in settori come quelli del cemento, dell’acciaio e del vetro.

Tutta Europa sta seguendo una simile strategia, perché le alternative reali alle forniture russe stentano a prendere corpo ma, limitandoci all’Italia, si rischia persino di mettere in forse la chiusura delle centrali a carbone ancora attive, prevista per il 2025. Ancora prima, però, manca una visione realistica della situazione. Al di là dello strascico di critiche che accompagna la chiusura delle centrali a carbone (sindacali e ambientali, perché si teme per le sorti dei lavoratori e perché la conversione delle centrali potrebbe essere ecologicamente dannosa) occorre un momento di riflessione, un mea culpa che tarda a manifestarsi: siamo ancora troppo dipendenti dal gas estero per pianificare con certezza l’addio al carbone. Sembra una delle tante storie di quei giocatori di calcio che a inizio stagione sono a margine del progetto del mister e poi, durante il campionato, diventano imprescindibili per la squadra. Una differenza però c’è: non si tratta di pallone ma dell’equilibrio di tutta la nazione e, forse, l’idea di rinunciare a tutte le centrali è prematura e fuori dal contesto geopolitico attuale.

Centrali che, peraltro, sono già operative e forniscono l’8% del fabbisogno energetico del Paese, circa il doppio di quanto ne abbiano prodotta negli anni precedenti e, nelle mire del governo, c’è l’ipotesi che ne forniscano ancora di più nei prossimi mesi.

Abitazioni, uffici e strade

Negli uffici pubblici vige già la regola secondo la quale, durante l’inverno, le temperature non devono superare i 19 gradi e che, nei mesi caldi, non devono scendere al di sotto dei 27 gradi centigradi.

Ora si palesa la possibilità che simili politiche vengano estese anche alle abitazioni e agli uffici privati, cosa questa che fa sorgere due domande. La prima riguarda le misure di controllo: chi può venire in casa nostra a controllare la temperatura? La seconda è meno evidente ma altrettanto spinosa: le riserve strategiche, ovvero lo stoccaggio di gas che gli operatori organizzano durante i mesi caldi per sopperire alla domanda invernale, a cosa servono? Tocca al governo sbloccarle ed è difficile immaginare una situazione più adatta all’uso di queste riserve. Al di là di questo, va anche detto che un piccolo sacrificio può essere fatto da ogni cittadino di buoni costumi.

È anche previsto lo spegnimento dei lampioni nelle vie cittadine, così come il contingentamento dell’illuminazione dei monumenti, che non risplenderanno più durante la notte. Anche di questo, a ben vedere, possiamo fare a meno, fatta salva la sicurezza dei pedoni.

Stando ai dati forniti da Repubblica, fino a oggi il governo ha già stanziato 30 miliardi di euro per osteggiare la crisi energetica e appare chiaro che altri fondi dovranno essere liberati per lo stesso motivo.

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