Economia

«Sei milioni di auto nel 2018» Marchionne congeda Torino

«Sei milioni di auto nel 2018» Marchionne congeda Torino

nostro inviato a Torino

Torino ultimo atto: ieri alle 14 si è chiusa l'ultima assemblea degli azionisti Fiat nel capoluogo piemontese. Quando il cda convocherà, sempre a Torino, in estate, l'assise per approvare la fusione per incorporazione di Fiat con Chrysler, sarà già un'altra storia. Dal 2015 l'assemblea sui conti si svolgerà ad Amsterdam, nella nuova sede legale di Fiat Chrysler Automobiles, mentre i cda si riuniranno preferibilmente nel futuro centro finanziario di Londra. «È stato assolutamente necessario spostare la sede legale in Olanda e quella fiscale in Gran Bretagna - ha spiegato l'ad Sergio Marchionne -: non si poteva scegliere diversamente, in quanto la controparte americana è maggiore di quella europea. Così abbiamo scelto un terreno neutro per non offendere nessuno e per i maggiori vantaggi fiscali su i finanziamenti del gruppo, che può pagare dividendi senza ritenute».
L'ultimo bilancio «italiano», quello del 2013, ha avuto il 99,9% dei consensi. «La nascita di Fca - ha spiegato il presidente John Elkann, oggi 38enne, prima di ricordare lo zio Umberto Agnelli scomparso dieci anni fa - porrà fine alla vita precaria di Fiat: per 20 anni ho vissuto, in maniera indiretta poi sempre più da vicino, la vita difficile e incerta dell'attività automobilistica del gruppo. Ma oggi, per la prima volta, abbiamo prospettive diverse: non dobbiamo più giocare una partita per la sopravvivenza». «Comunque è Chrysler ad aver salvato Fiat e non il contrario - ha precisato Marchionne -; Chrysler si è salvata per due ragioni: è stata gestita in modo diverso dal passato e poi il mercato ha aiutato. Non dobbiamo usare l'arroganza italiana di dire: noi abbiamo salvato te». Tante le domande degli azionisti sui nuovi progetti di Fca, con Marchionne, nel dare appuntamento il 6 maggio a Detroit per la presentazione del piano, molto attento a non sbilanciarsi. Una sola anticipazione: entro il 2018 Fca sarà capace di produrre oltre 6 milioni di vetture, «mentre quest'anno - ha puntualizzato l'ad - arriveremo a 4,5-4,6 milioni di consegne». Rassicurati governo e sindacati («nessuna eccedenza occupazionale in Italia») e, rispondendo a un azionista, pronto ad accogliere il fondo pigliatutto BlackRock nella compagine («sarebbero i benvenuti»), Marchionne ha quindi toccato il tasto dolente Cina: «Ci sono state un paio di partenze fasulle. Ora, finalmente, abbiamo il partner giusto, Gac, che ci sta assistendo. Nei prossimi giorni annunceremo qualcosa di definitivo (la produzione, dopo uno slittamento, della Jeep Cherokee, ndr)». Non è mancata una battuta sul lavoro del premier Matteo Renzi: «Siamo in luna di miele, i mercati stanno apprezzando ciò che sta succedendo in Italia, non vorrei interrompere questo incantesimo». Il discorso è presto scivolato sul tema caldo della quota Fiat in Rcs e sulla possibilità, secondo indiscrezioni, di un diverso punto di vista tra Elkann (sì) e Marchionne (no) sul mantenimento del 20,55% nella pancia del Lingotto. «Non abbiamo nessuna intenzione di scorporare Rcs con la quotazione di Fiat Chrysler a New York, resterà in pancia» replica l'ad, sottolineando la «piena condivisione di opinioni» con il presidente. «Un anno fa siamo intervenuti- ha aggiunto Elkann - per salvare Rcs dal fallimento. Oggi le cose stanno andando molto meglio e perciò non ci sarà nessun altro investimento in azienda, perchè non ne ha assolutamente bisogno».

Da vedere, una volta pronta la quotazione a Wall Street di un gruppo focalizzato sull'auto, come il mercato Usa giudicherà il ruolo anche di editore, da parte di Fca, del primo quotidiano italiano.

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