Senza il cappio del fisco aziende italiane meglio delle tedesche

La «fabbrichetta» del signor Brambilla è in affanno rispetto a quella impiantata in Baviera da Herr Schmidt anche perché è soffocata da tasse molto più elevate: solo nel decennio 2001-2009 si possono stimare 13,4 miliardi di imposte in più.
Un cappio che se fosse rimosso, rendendo omogenee le pretese di Roma e Berlino, consentirebbe alle medie aziende italiane di essere «forti» come quelle dell'esercito di Angela Merkel. In sostanza di combattere alla pari, forse anche di vincere vista la residua allure che circonda il made in Italy sui mercati internazionali.
A fare i conti è una ricerca sulle medie imprese, realizzata da R&S Mediobanca insieme a Confindustria e Unioncamere che ha analizzato la situazione al 2009 delle società con un fatturato compreso tra 15 e 330 milioni e 50-499 addetti. Il quadro non può peraltro che essersi ora aggravato a causa dell'aumento del costo del debito bancario, una conseguenza del cocktail spread-recessione, e della stretta fiscale decisa dal governo Monti introducendo l'Imu su uffici e capannoni.
Dimenticando per un attimo le altre inefficienze del sistema-Italia e il diffuso credit crunch, secondo l'ufficio studi di Piazzetta Cuccia sarebbe peraltro sufficiente che il Tesoro trattasse le medie imprese come quelle grandi per concedere loro un risparmio pari a 8,9 miliardi. Questa molla potrebbe bastare a proiettarle dall'ultimo al primo posto in Europa per solidità patrimoniale.
Nella situazione attuale, le realtà più granitiche restano invece quelle tedesche (con il 76% delle aziende classificate investment grade), seguite da quelle di Francia e Spagna (69%) e quindi da quelle italiane (57%). Se Parigi e Madrid hanno infatti una pressione fiscale sostanzialmente omogenea (in entrambi i casi è prossima al 24%), il tax rate di Roma corre al 38% contro il 27% di Berlino.
In sostanza, secondo i curatori della ricerca, senza il fardello del Fisco l'Italia potrebbe avere il migliore sistema manifatturiero del Vecchio Continente. Nessuno si nasconde, tuttavia, che è in generale il mestiere di imprenditore che continua a non esprimere una redditività sufficiente in Italia rispetto al rischio intrinseco; rendendo in sostanza più conveniente per gli imprenditori investire in titoli di Stato che non nelle loro aziende. Le medie imprese restano tuttavia più robuste delle sorelle maggiori, grazie a mezzi propri che superano gli immobilizzi e un attivo corrente superiore ai debiti a breve termine.
Approfondendo numeri e tabelle dell'analisi si nota come le aziende manifatturiere tedesche accusino il costo del lavoro pro-capite più elevato (46.700 euro per addetto, contro 43.600 delle francesi, 39.600 euro delle italiane e 36.800 delle spagnole) ma siano in grado di compensarlo con la variabile della produttività, appunto al top in Germania con un valore aggiunto netto per addetto pari a 56.900 euro rispetto ai 53.300 dell'Italia, i 52.100 della Francia e i 47.900 della Spagna.

Quanto al valore aggiunto, che misura della ricchezza prodotta, il contribuito maggiore viene dalle attività meccaniche, prevalenti in Germania, dove raggiunge il 51% contro il 38% in Italia (35% Francia e 29% penisola iberica).

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica