Sorgenia ha finito la liquidità. Lo si sapeva: la società elettrica dei De Benedetti aveva cassa fino alla fine di marzo. Per questo ieri Cir, la holding della famiglia che la controlla al 39%, ha dovuto spiegare alla Consob cosa intende fare. E la realtà è che Sorgenia è sempre più vicina alle banche e più lontana dalla famiglia De Benedetti.
La società alle prese con una maxi ristrutturazione del debito da 1,9 miliardi potrebbe passare presto sotto il controllo degli istituti di credito: 21 banche tra cui figurano Mps (la maggiore creditrice con 600 milioni), seguita da Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mediobanca, Banco Popolare, Ubi Banca, Bpm e in misura minore anche Carige, Bnl, Cariparma, Popolare Etruria e qualche estera. Da non dimenticare, la Cassa depositi e prestiti a cui il gruppo deve direttamente 37 milioni.
Anche se il tempo delle trattative non è ancora finito, gli istituti di credito starebbero preparando un «piano B», un'azione di forza per fare scattare una massiccia conversione del debito in azioni. L'operazione, come è accaduto già nel caso Risanamento, consegnerebbe alle banche il controllo della società. A metterlo nero su bianco è la stessa Cir: le banche creditrici stanno lavorando a «un'operazione alternativa sul debito - spiega su richiesta di Consob - implementabile anche nel caso in cui gli azionisti non intendessero partecipare alla manovra di ristrutturazione finanziaria».
Un passaggio inevitabile considerato che l'alternativa è la procedura concorsuale. E che la famiglia De Benedetti, nonostante i 350 milioni netti pagati da Fininvest per il Lodo Mondadori, non intende mettere mano al portafoglio oltre la soglia dei 100 milioni. Se, infatti, Cir ammette che è «in discussione un possibile accordo di standstill e moratoria» e ribadisce «la propria disponibilità a sostenere il piano di ristrutturazione del gruppo comunicando alle banche i termini e le condizioni della propria proposta», questo non basta. Il suo impegno è fermo a 100 milioni, ma a Sorgenia ne servono 600. Da qui, il pressing delle banche perché la famiglia si spinga almeno a 130-150 milioni di euro. Nel caso contrario, lo scenario sarebbe già disegnato: gli istituti di credito sarebbero disposti a entrare come azionisti di controllo con la Cir che avrebbe un ruolo minoritario.
Ipotesi che permetterebbe alle banche di gestire il gruppo limitando in questo modo i danni. Per ora la società è riuscita a evitare il deficit di cassa di fine marzo (prospettato nella comunicazione del 17 febbraio), grazie ad alcuni interventi sul capitale circolante e al perfezionamento di operazioni straordinarie, ovvero la cessione di alcuni asset (5 megawatt solari e licenze per un progetto eolico in Francia).
Tuttavia, le azioni delle banche «hanno determinato una contrazione significativa delle disponibilità finanziarie» spiega Sorgenia, che «hanno interessato le linee per cassa, le linee per anticipo commerciale, le linee per firma e le linee di credito su operatività in derivati.
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