«S&P? Un guaio per le famiglie»

«Non mi identifico nel giudizio dei signori di S&P»: l'amministratore delegato della Banca Popolare dell'Emilia Romagna, Luigi Odorici (nel tondo), prova a fermare il pugnale con cui la casa di rating ha declassato Bper sotto il livello dell'investment grade insieme ad altre cooperative italiane. «Bper ha in pancia Btp per un controvalore non superiore a 2 miliardi, è ricorsa a prestiti a basso costo della Bce per 4,4 miliardi su 48 di finanziamenti, ha uno dei cost-income migliori del sistema e una bassa leva finanziaria», prosegue con tono pragmatico Odorici, che è entrato a 26 anni nell'allora Banca Popolare di Modena e ha progressivamente scalato tutti i gradini decisionali del gruppo . «In ogni caso non abbiamo nessuna obbligazione in scadenza e il nostro Core Tier One supera già l'8%, senza considerare i 150 punti base che otterremo una volta completata la procedura di validazione dei modelli contabili interni».
Però esiste il problema della qualità del credito...
«Siamo una banca di territorio, è normale che sotto il profilo del deterioramento soffriamo più dei gruppi maggiori, che hanno ricominciato a erogare prestiti solo di recente. Bper sta facendo il massimo per aiutare aziende e famiglie davanti alla crisi ma, se un atteggiamento più selettivo del nostro viene premiato, basta saperlo. Possiamo stringere i rubinetti dei prestiti e comperare i Btp; in questo modo miglioreremmo perdipiù i margini, visto che il retail è oggi poco redditizio. Occorre, però, chiedere alle agenzie di rating, chi risponderà ai bisogni delle famiglie».
La frattura con Gianpiero Samorì si è riaperta, come vi comporterete...
«Sono dispiaciuto delle dimissioni dal cda di Romano Minozzi (patron di Graniti Fiandre e Iris Ceramica ndr) e mi piacerebbe che con Samorì ci fosse una contrapposizione più moderata nei toni. Se andremo a una nuova battaglia sarà per una sua scelta. In ogni caso, la nostra priorità è migliorare la qualità del credito, anche con l'adozione di politiche di erogazione più mirate».
Bper sta rivedendo il modello federale assorbendo le controllate in Abruzzo e Lazio. L'esito sarà un assetto da “semi-banca unica“, come cambierà il consiglio della capogruppo?
«L'indirizzo generale sarà rappresentare nel board i diversi territori, inserendo per esempio accanto al rappresentante del Sud, uno per l'Abruzzo. Lasceremo comunque autonomia sul territorio, così da avere una catena decisionale corta, creando sinergie nel back office e nei processi».
Come risolverete gli esuberi?
«La trattativa con i sindacati è in corso. Il piano industriale prevede 1.150 eccedenze, di queste 700 saranno riallocate nei nuovi poli informatici sul territorio o nel middle office, ai residui 450 si cercherà di fare fronte ricorrendo ai pensionamenti».
Farete altri passi visto che la crisi sta costringendo tutta l'industria bancaria a rivedere il modello di business e a sacrificare le filiali per riportare i costi a un livello sostenibile?
«Bper ha 1.200 sportelli, di questi una ottantina non sono performanti. Avvieremo quindi delle riflessioni così da risolvere anche le sovrapposizioni oggi esistenti, tenuto conto dello spostamento dell'operatività verso l'online. Va considerato che attualmente una nuova filiale va in pareggio in almeno quatto anni contro i 18 mesi necessari prima della crisi. Stiamo poi pensando di trasferire i locali locati alle nostre filiali in un apposito fondo immobiliare, che vorremmo offrire alla clientela».
Quanto peserà sui conti il terremoto che a maggio ha messo in ginocchio l'Emilia?
«La nostra struttura ha retto e l'operatività non è mai stata interrotta. Stimiamo che il sisma peggiorerà la qualità del credito di una decina di punti base rispetto allo 0,7% registrato nel 2011».
Come si è chiuso il semestre?
«Il margine di interesse e quello di intermediazione sono andati bene, così come siamo migliorati sotto il profilo dei costi».
Popolare Milano ha avviato un ampio piano di rilancio e un taglio dei costi, a percorso completato si riparlerà del matrimonio sfumato tra Bper e Piazza Meda?
«Oggi il nostro obiettivo è modificare l'architettura del gruppo per renderla più efficiente; poi si vedrà. Noto, tuttavia, che la ricerca della dimensione non ha portato grandi giovamenti ai nostri competitor. Più in generale, se ci saranno delle occasioni in Piemonte le coglieremo».


La riforma delle Popolari, volta a ricavare maggiore spazio per i fondi, si è arenata...
«Qualche passo dovrà essere fatto: una maggiore apertura del capitale è necessaria, ma il percorso è in salita perché tra le Popolari manca la coesione necessaria».

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