Potrebbero scattare tra febbraio e marzo del prossimo anno i due maxi-aumenti di capitale predisposti da Monte Paschi e Carige per saldare il conto degli stress test con il registratore di cassa della Bce: Siena e Genova dovranno raccogliere in tutto altri 2,7 miliardi, dopo i 5,8 rastrellati a giugno. Intanto, la Borsa ha comunque concesso una tregua a entrambi le banche: Mps +1,5% e Carige +3,3% a fine seduta. A complicare il quadro su Mps è stata poi un'offerta spedita da una società di Hong Kong, che vorrebbe mettere le mani sul Monte in cambio di un progetto da 10 miliardi: la holding Nit, che a dire il vero si era già affacciata senza esito sulla Popolare di Spoleto, sostiene di puntare alla «ristrutturazione complessiva» di Rocca Salimbeni, e propone a Siena un'alleanza di lungo periodo. I cinesi avrebbero già notificato il loro piano sia agli uffici della Bce sia a quelli di Bankitalia. Al Monte, che domani riunisce il board per predisporre il capital plan da spedire a Francoforte, non risultano tuttavia alcuna proposta.
Siena ha annunciato un aumento da 2,1 miliardi e può già contare sull'appoggio della francese Axa (3,7%). Nelle sale operative si pensa poi che dovranno, loro malgrado, fare altrettanto sia la Fondazione Mps di Marcello Clarich (2,5%), che riunisce oggi il vertice, sia i suoi alleati Fintech (4,5%) e Btg Pactual (2,5%): il patto blocca il 9% di Mps.
Gli azionisti che non apriranno il borsellino, ricalcando il copione visto in estate, rischieranno infatti di essere polverizzati da un aumento a forte sconto: il Monte capitalizza attualmente poco più di 3,15 miliardi. Kepler ha ipotizzato un prezzo di emissione prossimo ai 40 centesimi (contro i 60 cent di Borsa), con il risultato di battere nuove azioni in un quantitativo vicino a quello attuale e di «annacquare» l'utile previsto dall'ad Fabrizio Viola nel 2017 del 40 per cento. In sostanza, Mps (+7% il picco raggiunto in Piazza Affari) faticherà a restare autonomo sul medio termine, come ha già messo in chiaro anche lo stesso presidente Alessandro Profumo. Del consorzio di garanzia dovrebbero fare parte, oltre agli advisor Ubs e Citi, Goldman Sachs, JpMorgan e Morgan Stanley. Viola tenterà poi alcune cessioni: dalle attività di leasing al factoring, fino al credito al consumo.
Intricato è pure il caso Carige, che ha recuperato il +3,3% in Borsa (+11% il picco). L'ad Piero Montani, dopo il passaggio delle assicurazioni agli americani di Apollo, starebbe stringendo sulla cessione del credito al consumo. Genova deve trovare 814 milioni e Andrea Bonomi (Investindustrial) pare disponibile a dare una mano, magari chiedendo a Carige di rinunciare alla cessione di Cesare Ponti così da costruirvi intorno un polo «private banking».
Il
finanziere milanese resta tuttavia alla finestra, in attesa che banca e Fondazione Carige (primo socio con il 12%) avranno condiviso il percorso: l'Ente, assistito da Imi, vorrebbe trovare un alleato prima di ricapitalizzare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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