Lo Stato italiano in Stellantis? Tavares sbarra la strada

L'ad: "Non vedo la necessità, il governo può usare meglio le tasse". Obiettivo: 300 miliardi di ricavi

Lo Stato italiano in Stellantis? Tavares sbarra la strada

«Non vedo la necessità dell'ingresso dello Stato italiano nell'azionariato di Stellantis». L'ad del gruppo, Carlos Tavares, risponde così a una domanda de il Giornale, a margine della presentazione, ieri ad Amsterdam, del piano strategico al 2030. «Possiamo proteggere l'Italia senza avere il governo nell'azionariato - ha affermato - e lo stesso governo può usare meglio le tasse degli italiani». Qualche settimana fa era stato il Copasir a sollevare la questione parlando di rischio di spostamento del controllo dell'azienda dalla parte francese (l'Eliseo, in proposito, ha mantenuto la sua partecipazione).

Sui temi riguardanti l'Italia, Tavares non è entrato nel merito, se non per informare che l'accordo per la realizzazione della Gigafactory a Termoli potrebbe arrivare tra alcune settimane. «Il sostegno che giungerà dal governo italiano - ha spiegato - è simile a quello stabilito in Francia e Germania per le altre due Gigafactory in Europa. Quella di Termoli sarà realizzata da Acc, che vede come nostri soci anche TotalEnergies e Daimler. Stiamo allineando le agende per avere il via libera di Daimler». Sull'impegno del gruppo in Italia, Tavares ha voluto ribadire che «la Penisola è una delle colonne di Stellantis e stiamo investendo per rilanciare Alfa Romeo, Lancia ed elettrificare Fiat».

Di piani sulle fabbriche e nuovi prodotti se ne parlerà probabilmente il 10 marzo in occasione del nuovo «Tavolo» a cui parteciperanno, con i sindacati di categoria, i ministri Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico) con il suo vice Gilberto Pichetto, e Andrea Orlando (Lavoro).

Il tema degli impianti produttivi, secondo l'ad di Stellantis, deve comunque essere affrontato a livello europeo, in quanto «a guidare le nostre strategie sul futuro dei siti nel Vecchio continente, a iniziare da quelle in Italia, saranno le dimensioni del mercato: noi abbiamo i marchi, il prodotto, ci mettiamo gli investimenti per l'elettrificazione, ma il problema sarà la quota del mercato europeo sul totale mondiale». Il fattore decisivo, in pratica, riguarderà le limitazioni all'uso delle auto, «ma questa è una cosa alla quale devono dare una risposta i leader politici, non gli amministratori delegati». Le vendite globali in Europa, in proposito, sono scese da 18 milioni di unità nel 2019, l'anno pre-pandemia, a 15 milioni. «E se si continuerà a scendere - ecco l'allarme lanciato da Tavares - questo non sarà un problema solo per Stellantis, ma per l'intero settore e tutta l'Europa».

Stellantis, intanto, accelera sempre più su sostenibilità ed elettrificazione. Entro il 2038 il gruppo si propone, fin da ora, come campione nella mitigazione del cambiamento climatico, raggiungendo l'obiettivo del dimezzamento delle emissioni di CO2 per il 2030. «Stiamo preparando la strada - ha approfondito l'ad - affinché, entro la fine del decennio, il 100% delle vetture in Europa e il 50% negli Usa siano elettriche. Stimiamo di avere oltre 75 modelli elettrici e di raggiungere, per il 2030, quota 5 milioni di vendite globali l'anno». Il primo Suv tutto elettrico con il marchio Jeep arriverà nel 2023, mentre per il pick-up Ram 1500 l'anno sarà il 2024. Stellantis punta anche alla leadership nei furgoni, grazie ai 26 nuovi lanci.

A proposito di novità, saranno più di 100 quelle previste al 2030 e 30 quelle per la Cina, dove il gruppo punta a totalizzare 20 miliardi di ricavi. Sui conti, Stellantis stima di raddoppiare i ricavi a 300 miliardi nel 2030, con margini di reddito operativo rettificato a due cifre per tutto il periodo, e più di 20 miliardi in flussi di cassa liberi industriali.

Stellantis raggiungerà, inoltre, 5 miliardi di sinergie di cassa annue entro il 2024, un anno in anticipo rispetto alle previsioni. Ieri, in Borsa, il titolo, complice un'altra giornata nera a causa del conflitto in Ucraina, ha perso il 6,9% a 15,23 euro.

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