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La strada che visse due volte: A24-A25 verso il ritorno ai Toto

Dopo la revoca della concessione del 2022, sono arrivati i risarcimenti. E ora è imminente la riassegnazione

La strada che visse due volte: A24-A25 verso il ritorno ai Toto

Prima il risarcimento e ora il riaffido della gestione: la saga che riguarda la concessione (sospesa) dell'A24 (Roma-L'Aquila-Teramo) e A25 (Torano-Pescara) sta per avere il suo epilogo.

Domani, lunedì 7 agosto, con l'ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva, è altamente probabile che nel Decreto trasporti sia prevista la riassegnazione della concessione al gruppo Strada dei Parchi della famiglia Toto, da un anno (era il 7 luglio 2022) espropriato dalla gestione. Si tratta di una vicenda complessa, frutto di una dinamica politica scomposta che ha avuto un unico risultato: far perdere tempo nello sviluppo dell'arteria e soldi ai contribuenti. La vicenda ha origine da un altro caso, ben più noto alle cronache: la caduta del Ponte Morandi, in concessione alla famiglia Benetton.

Dopo quella tragedia che causò la morte di 43 persone, il governo dell'epoca presieduto da Giuseppe Conte approvò con il Dl Milleproroghe il famoso articolo 35 sulle Disposizioni in materia di concessioni autostradali. Nelle intenzioni una sorta di giro di vite sul settore che avrebbe reso meno costoso e complicato revocare le concessioni, in primis quella dei Benetton a Genova. Un'arma brandita e minacciata per mesi (in particolare da grillini e Movimento 5 Stelle), ma mai attuata contro Aspi, la società del gruppo Atlantia (oggi Mundys). Questo fino al 2022 quando Autostrade per l'Italia (Ponte Morandi compreso) passa a Cassa depositi e prestiti, il braccio finanziario del Mef. Un'operazione da 8,2 miliardi che seguì la direzione opposta alla revoca della concessione. Si trattò infatti di una vendita (miliardaria). Ed è in questo contesto di infuocate polemiche politiche che inizia la saga di Autostrada dei Parchi.

Pochi mesi dopo, infatti, l'allora premier Mario Draghi succeduto a Conte nel febbraio del 2021 espropria la Roma-L'Aquila alla famiglia Toto (che era in forze sulla tratta dal 2000) nonostante non sia mai accaduto alcun incidente per mancate manutenzioni e nonostante il gruppo Toto avesse notificato due mesi prima la rinuncia alla concessione stessa. Un atto estremo dettato dall'ennesima bocciatura da parte del Cipess del Piano economico e finanziario (Pef), cioè lo strumento per mettere in sicurezza l'infrastruttura dal rischio terremoti e adeguarla alle nuove normative europee e nazionali: un muro di no da parte di otto ministri e sei diversi governi nonostante 19 diverse proposte sviluppate da parte del concessionario. Tra le conseguenze della mancata approvazione del Pef ci furono 800 milioni di mancati Lavori Urgenti. Di qui il possibile appiglio.

Draghi - forse per non contraddire Conte nel frattempo diventato parte della sua maggioranza - decise per l'esproprio. Una vicenda surreale per la quale oggi i contribuenti hanno appena staccato un assegno da 1,2 miliardi. Tribunali abruzzesi a periti indipendenti hanno poi accertato che non sussiste alcun rischio per le infrastrutture autostradali e dunque non è in pericolo la sicurezza degli utenti, mentre una sentenza della Corte di Giustizia ha stabilito che tutti i lavori di manutenzione fin qui affidati in house erano e sono perfettamente legittimi.

Insomma, non c'erano motivazioni, se non politiche, per questa mossa e ora il ministero di Infrastrutture e Trasporti guidato da Matteo Salvini starebbe per metterci una pezza. Ma perché proprio adesso? Ad aprile e giugno 2023, i tribunali di L'Aquila e Teramo hanno assolto i vertici di Strada dei Parchi perché il fatto non sussiste dalle accuse di mancata manutenzione dei viadotti. Fatti che smontano l'impianto accusatorio.

Nel frattempo, Strada dei Parchi è entrata in concordato preventivo: la società, privata dei ricavi da pedaggio, si è comunque impegnata a saldare al 100% il debito con i fornitori. I commissari del Tribunale di Roma, che hanno firmato la relazione sul concordato, hanno stabilito congrua la cifra di 2,3 miliardi come indennizzo: 1,2 miliardi sono appena stati riconosciuti con decreto interministeriale; circa 480 milioni per saldare fornitori e rientrare dell'esposizione bancaria; 830 milioni per saldare il debito Anas dei canoni di concessione dovuti fino al lla scdenza del 2030. L'importo permetterebbe alla società di uscire dal concordato ed evitare la liquidazione. Ma la partita va sanata del tutto. Sulla vicenda pende ancora, come una spada di Damocle, il rischio concreto di una causa per danno erariale.

Per correre ai ripari il ministero delle Infrastrutture, secondo indiscrezioni, avrebbe quindi trattato con la famiglia Toto per preparare, dopo il parziale risarcimento, un reintegro con un'operazione win-win per il concessionario e per il governo. Da un lato lo Stato risparmierà quel miliardo che manca all'appello per risarcire la famiglia Toto e il giudizio non andrà alla Corte Costituzionale e, dall'altro, il gruppo Strada dei Parchi, potrà ottenere un risarcimento di immagine. Non solo.

Le parti avrebbero concordato un nuovo Pef che prevede il blocco delle tariffe per due anni; l'annullamento del pedaggio su tre caselli del tratto urbano romano (da anni oggetto di grandi critiche); e lo Stato metterà a disposizioni maggiori fondi per la concessionaria e le opere di manutenzione.

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