Un altro schiaffo, di quelli che fanno male perchè non si sa bene da quale parte sia arrivato. Piazza Affari si è ritrovata ieri all'improvviso per terra, stordita da un ribasso del 2,28% accumulato soprattutto nella parte finale della seduta, quando la pressione delle vendite si è fatta sempre più intensa mentre lo spread tra Btp e Bund, a quota 330, non si schiodava dai valori di martedì. Vista la divaricazione tra l'andamento del mercato azionario e i differenziali sui bond, lo stallo politico non sembra essere l'assillo principale degli investitori. Il problema, semmai, è ancora una volta la raffica di sell che ha colpito le banche (-3,5% l'indice di settore), il cui peso sul paniere è tale da amplificare il calo del Ftse-Mib. Un calo, peraltro, non isolato. Tutte le piazze europee hanno infatti chiuso con flessioni anche superiori al punto percentuale, segno di un malessere generale riconducibile in parte al deludente andamento negli Usa del mercato del lavoro (appena 158mila posti creati in marzo) e del settore dei servizi (Ism calato di circa due punti, a 54,4) e in parte all'attesa per la riunione di oggi della Bce.
I dati macro americani e le possibili decisioni di politica monetaria da parte dell'Eurotower, tuttavia, non giustificano del tutto il mood ribassista. È perciò probabile che un elemento di freno sia ancora Cipro, nonostante ieri la troika Ue-Bce-Fmi abbia raggiunto un accordo tecnico con Nicosia per il risanamento delle finanze pubbliche e la ristrutturazione del sistema bancario. Una doppia azione che sblocca aiuti per 10 miliardi di euro, di cui 9 a carico del fondo salva-Stati Esm e uno dell'Fmi.
Trattandosi di un memorandum of understanding, è solo un passo preliminare che nelle prossime settimane dovrà essere perfezionato da tutta una serie di adempimenti formali, il primo dei quali vedrà impegnati, venerdì e sabato prossimi a Dublino, i ministri di Eurogruppo ed Ecofin. In diversi Paesi, tra cui Germania e Finlandia, il protocollo di accordo dovrà inoltre essere approvato dal parlamento. Se non vi saranno intoppi, la prima tranche del prestito verrà versata a metà maggio. Il ruolino di marcia appare dunque ben definito, ma non mancano dubbi sulla capacità di Cipro di riuscire a onorare gli impegni assunti. Entro il 2018 Nicosia dovrà assicurare un surplus primario del 4,5%. Oltre al consolidamento già in corso del 5% del Pil, è previsto un addizionale 2% che include un aumento della tassa sulle imprese dal 10 al 12,5% e della tassazione sul reddito dal 15 al 30%. Nel medio termine, per raggiungere il 4,5% di surplus primario saranno necessarie misure di bilancio pari al 4,5% del Pil. Obiettivi assai ambiziosi che cozzano con una situazione fortemente recessiva.
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