Tasse record: in Italia aziende più "spremute" che in Ue e Usa

La denuncia di Unimpresa: le imprese italiane sono le più penalizzate in tutta Europa, ma anche rispetto agli Stati Uniti

Tasse record: in Italia aziende più "spremute" che in Ue e Usa

Rilanciare l'economia e rendere il Paese appetibile per gli investitori. Un mantra che Letta a Renzi, fino a Gentiloni sentiamo ripetere spesso. Troppo spesso, se alle parole non si seguono i fatti.

Basta dare uno sguardo allo studio di Unimpresa che ha messo a confronto la pressione fiscale per le aziende italiane e quelle del resto dell'Europa, ma anche degli Stati Uniti. Le nostre aziende pagano il 43,8% del pil. Contro il 39,6% è in Germania, il 34,8% in Gran Bretagna e il 26,4% negli Stati Uniti. Un giro di vite che peraltro, sottolineano dall'associazione, non è nemmeno servito a rimettere in ordine i conti pubblici.

Negli ultimi 10 anni, infatti, i contribuenti del nostro Paese hanno visto crescere enormemente il peso delle tasse senza riscontrare un andamento virtuoso delle finanze pubbliche: la pressione fiscale era al 39,1% del prodotto interno lordo nel 2005 ed è progressivamente salita fino ad attestarsi al 43,5% nel 2015; e contemporaneamente sono aumenti gli incassi per lo Stato, passati dal 42,5% del pil al 47,6%; un incremento di balzelli ed entrate a cui non ha fatto seguito un contenimento del debito, schizzato al 132,7% del pil nel 2015 rispetto al 101,9% del 2005.

Impietoso il confronto con altri paesi: in Germania la pressione fiscale è passata dal 38,4% al 39,6% del pil, il debito pubblico dal 66,9% al 71,2%. Nella media dell'area euro il peso delle tasse è passato dal 39,4% al 41,%; il debito degli Stati dal 62,1% all'83,3%. In Gran Bretagna, il fisco è salito dal 35,7% al 34,8% e il "rosso" nei conti dello Stato dal 41,5% all'89,2%. Negli Stati Uniti, il prelievo fiscale è rimasto sostanzialmente invariato, dal 26,3% al 26,4% con il debito salito dal 66,9% al 113,6% del pil Usa

"Le tasse extralarge sono il principale ostacolo alla crescita economica", spiega il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci, che propone: "Avanti con la cancellazione dell'Irap sul costo lavoro".

Nei prossimi giorni l'associazione invierà un documento al governo con le proposte per le pmi: via l'Irap e via gli studi di settore, flat tax, meno tasse sulle persone fisiche con due sole aliquote al 25% e al 37% (e no tax area fino a 10mila euro).

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